Faccia gialla, nuovo film diretto e prodotto da Paolo Boriani, in collaborazione con Rai Cinema e K-Rock Film Studio: un racconto “fuori campo” dell’opera per il teatro Sanghenapule – Vita straordinaria di San Gennaro – prodotto dal Piccolo Teatro di Milano, con debutto ad aprile 2016 – di e con Roberto Saviano e Mimmo Borrelli. Il regista, Boriani, ha messo in forma filmica l’origine e la lavorazione dello spettacolo dal vivo. L’osservazione discreta e silenziosa di chi guarda prendere forma un atto creativo, ma anche il racconto di un santo – San Gennaro – e della “sua” città, Napoli, concentrato di lacrime, applausi, amore e disprezzo. Faccia gialla è un film su San Gennaro, con Roberto Saviano che ne narra la vita terrena, e ultraterrena, e con Mimmo Borrelli che “compare” e ne diviene il corpo e qui, come ha detto Saviano, “la vita, per una volta, è veramente vita”. Paolo Boriani parla del suo film come di un incontro tra una voce – Saviano – e un corpo – Borrelli – anima e carne di uno stesso ventre urbano.
Faccia gialla, qual è il significato del titolo?
A New York, una mattina, sul ponte di Manhattan, il ponte di C’era una volta in America, ho filmato una scena molto, molto, forte. È la scena che apre il film, quasi una videoinstallazione, e il protagonista della scena è un ‘faccia gialla’. Il film si apre su questo ‘fuori campo’. Perciò dico che il mio film è un film su cosa è il fuori campo. Il film racconta inoltre la lavorazione dello spettacolo Sanghenapule, su San Gennaro, che a Napoli è chiamato ‘faccia gialla’ quando i devoti gli chiedono di fare il miracolo. Lo spettacolo si chiude infine con una performance monstre di Mimmo Borrelli, dodici minuti dove urla, alla sua maniera, il ‘faccia gialla’ del titolo, così è anche un omaggio alla performance infinita di Borrelli.
Come e quando ha scelto questo soggetto per il suo film?
Roberto Saviano ha visto il mio film ‘A Sciaveca e ha voluto che girassi Faccia gialla, che è il primo film con e su Roberto Saviano. Personalmente mi è sembrata l’occasione perfetta per girare un film sul ‘fuori campo’, considerata la vita ‘fuori campo’ di Saviano. È la prima cosa che gli ho detto prima ancora di incontrarci a New York a novembre. Ma è difficile dire quale sia il soggetto, perché mi piace partire da un soggetto – in questo caso la lavorazione di Sanghenapule – ma poi portare il film ad aprirsi ed essere altro. Due persone si incontrano in un nuovo ‘fuori campo’, il teatro, dove avviene il miracolo di San Gennaro, dove il sangue si scioglie e scorre.
Come ha lavorato nella ‘trasposizione’ dal teatro alla forma film?
Mi piace molto sentir parlare di ‘forma film’. La mia prima preoccupazione, e ossessione, per tutta la lavorazione, è stata proprio creare un film e non un documentario ‘doc’. Non mi interessa filmare il teatro, se vuoi vedere il teatro vai a teatro. Non mi interessa neanche filmare il backstage del teatro. Perché non è cinema. Il mio obiettivo è cercare di portare il linguaggio del teatro verso il linguaggio del cinema e di portare il linguaggio del cinema ad aprirsi ad altro, se è possibile. Questo avviene trattando il teatro in una maniera molto, molto, matematica, e dura. E mettendo in immagini la differenza tra teatro e cinema. Ci sono delle scene dove Mimmo Borrelli è filmato a sette centimetri di distanza. Tu non vedrai mai Mimmo Borrelli a sette centimetri di distanza. Neanche a teatro. In questi passaggi c’è la differenza netta tra ‘fare teatro’ e ‘fare cinema’. E le immagini del teatro che ne emergono sono nettamente più potenti.
Come ha lavorato per la direzione di Saviano e Borrelli? Hanno compartecipato all’adattamento con suggerimenti o si sono completamente affidati al suo sguardo? Ha scoperto qualcosa di particolare del Saviano-attore?
Sapevano che non avrei girato un dietro le quinte, un film esclusivamente sulla lavorazione di Sanghenapule. Sapevano che avrei girato un film sul fuori campo, incrociando Napoli e New York, senza che tu ti accorga minimamente se sei a Napoli o se sei a New York, e si sono affidati. Ho già girato un film con Mimmo Borrelli, ‘A Sciaveca, prodotto da Sky Arte HD. Borrelli è oggi il più grande attore e drammaturgo italiano, per me è indiscutibile. C’è una conoscenza così profonda tra me e Mimmo che giriamo una scena determinante in una manciata di minuti. Io non ho bisogno di dirigerlo, neanche di parlarci, anche se parliamo per ore e ore. Girare una scena con Borrelli è solo una conseguenza del nostro stare insieme ed essere insieme in uno spazio e in un tempo. Lui è il corpo di Napoli. Lui è il miracolo di Napoli nel mondo. La mia presenza serve proprio per portare Borrelli a essere cinema, o a essere altro, una forma che neanche io e lui conosciamo, ma che inseguiamo. Con Saviano il lavoro è diverso. Non posso chiedergli ciò che chiedo a Borrelli. Ma ha una presenza sorprendente sulla scena e nell’immagine, e sa affidarsi, questa è la sua grande qualità, sa fidarsi delle tue idee senza paura. A New York credo che abbiamo costruito delle immagini che rimarranno per sempre nell’immaginario della storia di Roberto Saviano.
Con questo film cercava una continuità con altri suoi lavori, oppure è nato da una ‘esigenza’ transitoria?
Ho proseguito la ricerca dei miei film ‘A Sciaveca e Saga (film sul teatro equestre di Giovanni Lindo Ferretti), continuando a lavorare con il più grande attore e drammaturgo italiano, Mimmo Borrelli. Ho proseguito il tentativo di portare il linguaggio del cinema a essere altro. E la mia maniera di costruire ‘un oggetto film’ si è ispessita dopo una lavorazione di 12 mesi con due giganti come Mimmo Borrelli e Roberto Saviano. Non è stato semplice costruire un’architettura che conciliasse e incrociasse l’universo Borrelli e l’universo Saviano.
Ci racconta, brevemente, tempi e luoghi di lavorazione?
La prima parte del film è stata girata, a novembre 2016, a New York, con Roberto Saviano, che per la prima volta in vita sua si fa filmare e racconta della sua vita lontano dall’Italia. La seconda parte del film è stata girata a febbraio 2016 a Napoli con Mimmo Borrelli, in un paese di pescatori, mentre costruisce la sua parte di spettacolo nel suo laboratorio teatrale. La terza parte del film è stata eccezionalmente girata, a marzo 2016, dietro le quinte del Piccolo Teatro di Milano, dove ‘i compari’ Saviano e Borrelli si sono incontrati e, per un mese, corpo a corpo, hanno costruito l’esordio dell’opera Sanghenapule, sold out dal 5 al 17 aprile 2016 al Piccolo di Milano. Parliamo di una lavorazione di 11-12 mesi, tra scrittura della sceneggiatura, set, montaggio e post produzione.
Un aneddoto che ha caratterizzato questa lavorazione e che, personalmente, rimarrà un ‘marchio’ di questo suo lavoro.
In una lavorazione di 12 mesi di aneddoti ne ho un’infinità. Ma questo è un cinema ‘personale’, che si può fare esclusivamente condividendo molto, molto, tempo con i protagonisti. Cioè, non è scontato portare Borrelli e Saviano a parlare di che cosa sia il fuori campo. Non puoi per esempio chiedere a Roberto Saviano che cosa sia l’orrore se non hai tutta la sua fiducia. Non puoi filmare Mimmo Borrelli e suo padre in una paese di pescatori se non sei anche tu diventato uno di quei pescatori. Sono scene inaccessibili. Faccia gialla è un film con una serie di scene inaccessibili, costruite a mano. Personalmente, il film è sempre un viaggio con delle persone. E il fare il film è sempre più del film.
Faccia gialla viene proiettato in anteprima domenica 15 gennaio, alle ore 18, presso il Teatro Studio Melato di Milano. L’ingresso è libero, con prenotazione online: http://www.piccoloteatro.org/it/events/2016-2017/faccia-gialla
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