VENEZIA – A volte i veri protagonisti sono gli assenti. È sicuramente così in questa 79ma edizione della Mostra del Cinema di Venezia, in cui la maggior parte delle attenzioni sono state per chi non era presente. Vuota era, infatti, durante la conferenza stampa di chiusura del festival, la sedia corrispondente alla targhetta del vincitore del Premio speciale della giuria Jafar Panahi, imprigionato da due mesi come dissidente del regime iraniano: “Ieri è arrivato un messaggio dalla prigione – racconta l’attore Naser Hashemi – che mi diceva ‘non metterti nei guai per me’. E io sono qui e non so che fare. Credo che questo premio parli da sé”.
Al regista iraniano è andata la dedica del Leone d’argento per la miglior regia Luca Guadagnino (“Il mio pensiero va a Panahi e Rasoulof, è una cosa incredibilmente triste, non riesco a non pensarci”) e anche quella della vincitrice del premio più prestigioso: Laura Poitras, Leone d’Oro per il documentario All the Beauty and The Bloodshed. “Se avete un qualunque dispositivo – ha detto la regista – dovete perorare la sua causa e combattere per la sua libertà”. Ma assente è stata anche la fotografa Nan Goldin, che del documentario diretto da Poitras è molto di più che la semplice protagonista, ne è la vera anima pulsante, avendo contribuito con il suo estro artistico e la sua creatività a tutte le fasi della sua realizzazione. “Nan non è qui purtroppo, sta lavorando a una retrospettiva a Stoccolma. – ha spiegato Poitras – è davvero emozionata, questo premio significa tanto per lei, anche perché i suoi lavori sono esposti alla Biennale di Venezia e credo che sia incredibile che abbia vinto anche questo premio proprio qui”.
Altra assenza eccellente è quella di Colin Farrell, Coppa Volpi al miglior attore, impegnato in una produzione a Los Angeles. Non manca, però, la sua corrispettiva femminile, Cate Blanchett, premiata come migliore attrice per il suo ruolo in Tár di Todd Field. “Questo festival mi è caro per tanti motivi, – dichiara l’attrice – è importante per il cinema di tutto il mondo. Devo ringraziare Todd, sono stata cambiata da lui. Questo premio appartiene a lui perché tutte le idee pericolose del personaggio provengono da lui”.
In sala stampa ha trovato voce anche un’altra grande attrice, Julianne Moore, questa volta però in veste di presidente di giuria (era assente alla serata il giurato Kazuo Ishiguro, che ha preso il Covid ed è chiuso in albergo): “il nostro percorso è stato straordinario. Non c’è stata unanimità su nessun premio, ma alla fine siamo tutti stati soddisfatti delle scelte finali. Avevamo tutti background diversi e ho imparato qualcosa da ognuno dei giurati”. La presidente si è espressa sul ruolo delle donne nel cinema: “Basta guardare all’evidenza di questa sera: ci sono così tanti film diretti da donne e che parlano di donne. Qualcosa sta cambiando decisamente. Possiamo guardare avanti senza fissarci sul genere. Abbiamo tutte le opportunità di raccontare le nostre storie”. Ed è un film di donne raccontato da donne, in particolare, anche il documentario vincitore: “è una storia, raccontata benissimo, di una donna marginalizzata, che ha creato arte da questa sua condizione. Un film estremamente toccante e umano”.
Non sarà di certo un’attrice popolare come queste ultime, ma questa notte è anche la notte di Vera Gemma, premiata come migliore attrice della sezione Orizzonti: “Per me questo premio significa tutto. Ero in una fase in cui avevo rinunciato ad essere capita. Ma non ho rinunciato al sogno di essere un’artista. Non importa il campo, l’importante è quanto sei onesta. Mi sono stupita di quanto i due registi mi avessero compreso. Non mi preoccupavo di non essere abbastanza brava o abbastanza bella. Non mi sono risparmiata”. Alla fine, anche in questo caso, l’ultimo pensiero è per chi non è presente, il padre Giuliano Gemma, scomparso nel 2013: “Vorrei condividere questo premio con mio padre, ma credo che in qualche modo lo sappia già”.
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