Oppenheimer e le “urla del silenzio” sul genocidio indonesiano

"The Look of Silence", completamento ideale di "The Act of Killing", svela le atrocità della purga del 1965 dal punto di vista dei familiari delle vittime


VENEZIA – “The Look of Silence è un film profondo, visionario, sbalorditivo”. “Uno dei più grandiosi e potenti documentari mai realizzati”. A dirlo sono due pesi massimi come Werner Herzog ed Errol Morris, che non a caso sono anche produttori esecutivi del nuovo film di Joshua Oppenheimer dopo The Act of Killing, che ha squarciato il velo sull’agghiacciante realtà indonesiana, una terra in cui ancora oggi vittime e carnefici, torturati e torturatori convivono nel silenzio e nella paura.

Acclamato dalla critica e candidato all’Oscar 2014, il film aveva mostrato i protagonisti del genocidio anticomunista avvenuto tra il 1965 e il 1966, in cui furono uccise mezzo milione di persone: con orgoglio e non poca vanità i “gangster” che commisero atroci violenze ai danni dei loro concittadini ricostruivano gli eventi davanti alla macchina da presa. Ora The Look of Silence – completamento ideale del primo film, in concorso a Venezia 71 e presto nelle sale italiane con I Wonder Pictures – svela le stesse atrocità da un altro punto di vista, quello dei familiari delle vittime. Nello specifico quello del fratello minore di un uomo brutalmente torturato e poi ucciso, che ha individuato gli assassini del familiare e ha voluto confrontarsi con loro davanti alla lente di Joshua Oppenheimer.

“È un film sulle vittime circondate dai carnefici – dice il regista – sulle conseguenze dell’impunità e sulla paura che continua a serpeggiare tra vicini di casa. Per me è stato terrificante filmare tutto ciò”. La violenza della purga anticomunista, nel film, arriva filtrata dalle parole degli assassini (che ricostruiscono la dinamica delle loro torture), dai monitor che trasmettono le messe in scena registrate dal regista e ancora – e soprattutto – dagli sguardi dei protagonisti, ma basta a rendere in tutta la sua agghiacciante potenza la ferocia di uomini oggi molto anziani, e magari in preda alla demenza senile, messi a confronto con le conseguenze dei loro crimini e con lo sguardo silenzioso – tra rabbia e rassegnazione – di un fratello a cui hanno strappato una parte di sé.

The Look of Silence è un poema sul silenzio portato dal terrore – spiega il regista – e sulla necessità di romperlo, questo silenzio”. In primo piano, nel film, c’è la storia dell’assassinio di Ramli – emblematica del genocidio indonesiano perché innegabile e avvenuta davanti a testimoni – ricostruita grazie agli sguardi e alle voci degli anziani genitori e del fratello minore Adi Rukun, di professione ottico, nato dopo l’epurazione e perciò meno spaventato all’idea di cercare e affrontare i carnefici. “Quando l’esercito ha capito cosa stavo facendo – ha raccontato Oppenheimer – ha iniziato a minacciare i parenti delle vittime per indurli al silenzio, ma loro mi hanno chiesto di continuare a filmare gli assassini il più possibile prima di andarmene via. L’ho fatto e ho trovato persone che si vantavano delle loro gesta atroci, anche davanti ai familiari delle loro vittime”. Qualcuno racconta di averne bevuto il sangue, altri di aver  tagliato il pene degli uomini che uccidevano.

Adi Rukun, che ha esposto il suo sguardo rabbioso e addolorato alla macchina da presa, ha spiegato di aver voluto ‘con le sue domande, che chi allora aveva ucciso ammettesse di averlo fatto. Viviamo in un’unica comunità e voglio che finisca il risentimento tra vittime e carnefici. Non credo che questo lavoro possa guarire le ferite delle mia famiglia, ma i miei figli avranno almeno la possibilità di migliorare le cose”. The Look of Silence è stato girato nel 2012, dopo la fine del montaggio di The Act of Killing, ma prima che quest’ultimo uscisse, “perché sapevo che non avrei potuto tornare in Indonesia dopo l’uscita del film”, commenta il cineasta. ”Il governo indonesiano – aggiunge – non è consapevole di questo film come non lo era di Act of killing, visto da milioni di persone clandestinamente in Indonesia. Ma quando fu candidato all’Oscar il governo ammise che a quei tempi si era sbagliato, anche se quelle vicende prima erano state sempre e solo celebrate”. Per portare a compimento The Look of Silence Joshua Oppenheimer – tra i favoriti per il Leone d’Oro, con i bookmaker che lo danno a 4,50 – ha corso seri rischi. È impressionante, a questo proposito, notare la sfilza di “anonimo” accanto ai ruoli tecnici della troupe nei titoli di coda.

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