Omero Antonutti: così lo ricorda Paolo Taviani

Anticipiamo l'articolo che Paolo Taviani ha scritto per la rivista 8 1/2 di dicembre per ricordare la figura dell'attore scomparso nei giorni scorsi


Anticipiamo il ricordo che Paolo Taviani ha scritto per il numero di dicembre della nostra rivista 8 1/2

Il nostro incontro con Omero fu a teatro, lo spettacolo era Giulio Cesare. Omero, magistrale interprete di Cassio, aveva creato un personaggio implacabile e dolce. Vittorio ed io abbiamo spesso ricordato la scena in cui Omero, inginocchiato accanto al corpo di Cesare ucciso, si volse verso il pubblico e, con forza, commozione improvvise, recita le sublimi battute shakespeariane “quanti secoli venturi vedranno rappresentata questa scena… in linguaggi non ancora inventati…”. Affermazione della forza e dell’eternità dell’arte. Noi due eravamo nelle prime file e avemmo la sensazione, l’illusione dello spettatore, che guardasse proprio noi. Omero, in seguito, sorridendo confermò.

Lo incontrammo e lo invitammo a lavorare nel nostro nuovo lavoro. Insomma, Shakespeare è stato il nostro padrino. Gli demmo il copione di Padre padrone. Lo lesse. Il giorno dopo chiese che parte avrebbe interpretato: “il padre” rispondemmo.

Omero era soprattutto un attore di teatro e poco, niente cinema. Ci raccontò che, alla notizia, aveva avuto quasi un mancamento. Era un uomo nel fiore dell’età, ma riuscì a trasformarsi in un maturo pastore sardo, un padre padrone. Ne La notte di San Lorenzo in un anziano contadino capopolo. In Good morning Babilonia in un novantenne artigiano del marmo, che resse il confronto con il grande Griffith. L’attore Charles Dance era ammirato dalla potente recitazione, la gestualità di quel vecchio orgoglioso.

Ma la più emozionante interpretazione per lui e per noi fu Pirandello in Kaos. All’inizio della lavorazione, io e Vittorio eravamo sul marciapiede della piccola stazione di “Girgenti”, pronti a girare. Aspettavamo Omero. Da lontano, lungo il binario, vedemmo arrivare un signore distinto in doppio petto grigio, farfalla, barbetta, baffi, cappello. Era Pirandello – Omero che aveva inventato anche una camminata nuova, ribelle a una certa stanchezza. Si avvicinò, eravamo quasi imbarazzati ad abbracciarlo. Da grande attore era divenuto un grande Pirandello. Che ora si avviava alla casa della giovinezza a incontrare l’ombra della madre. Che gli ricorderà: “…impara a guardare le cose anche con gli occhi di quelli che non le vedono più… Ne proverai dolore, certo… Ma quel dolore te le renderà più sacre e più belle”.

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