L’Oriente, l’Occidente e le loro religioni s’incontrano in un attore e nella sua interpretazione per San Pietro, la nuova fiction targata RaiUno. Omar Sharif, nato ad Alessandria d’Egitto 73 anni fa e noto al pubblico fin dalla sua interpretazione di Lawrence d’Arabia (Oscar nel 1962) e per l’indimenticabile Il dottor Zivago, vestirà in tv il 24 e 25 ottobre i panni di San Pietro per l’omonima fiction che ripercorre l’avvento del cristianesimo nella Roma di venti secoli fa e la sua diffusione nell’Impero Romano.
Da un’idea di Max Gusberti, vice di Agostino Saccà alla direzione di Rai Fiction, San Pietro è il terzo episodio del progetto Imperium realizzato dalla Lux Vide di Ettore Bernabei e dei figli Luca e Matilde. Dopo i due episodi andati in onda, Augusto e Nerone, le altre miniserie in preparazione sono Pompei, Costantino e La caduta dell’Impero romano.
Diretto da Giulio Base e girato in Tunisia, nel deserto e negli Empire Studios di Hammamet, San Pietro accanto a Omar Sharif vede volti noti delle nostre fiction: Daniele Pecci, Ettore Bassi, Flavio Insinna, Lina Sastri, Claudia Koll, Sydne Rome e Philippe Leroy.
Un ruolo impegnativo, quello del fondatore della Chiesa, un’esperienza d’attore diversa dalle altre?
Devo ammettere di sì. C’è stata da parte mia una partecipazione emotiva particolare. Mi sono commosso troppe volte e poi mi sono detto che invece dovevo essere più duro. Pietro era un pescatore forte, non una mammoletta.
Lei è arabo e di religione musulmana…
Sì, ma sono stato cresciuto da due genitori cristiani. Loro andavano a messa ogni giorno e io con loro. E’ infatti a loro che voglio dedicare questa mia interpretazione. Solo da grande mi sono convertito. Ho abbracciato la religione musulmana per poter sposare mia moglie Fatima, madre di mio figlio Tarek. Lui, per esempio, ha avuto due mogli di diverse religioni e oggi ho due nipotini, uno ebreo, l’altro musulmano. E siamo una famiglia felice.
Un ottimo esempio di convivenza possibile, come spiegava nel film “Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano”.
Da qualche anno scelgo film che affermino che è possibile comunicare e vivere insieme, pur avendo origini e religioni diverse. Perciò da uomo e da musulmano sono felice di avere interpretato un cristiano come San Pietro. Era un uomo di umili origini, un pescatore, eppure capace di una forza umana incredibile.
Con “San Pietro” è tornato a lavorare in una produzione italiana, come è stato il rapporto con il regista Base?
Può sembrare una frase di circostanza ma è stato come vivere in famiglia. Non c’era uno solo di noi che non volesse veramente bene all’altro. E con Giulio Base è stata un’esperienza ricca, perché ha valorizzato al meglio le mie attitudini attorali. Spero che la fiction piaccia al pubblico, dopo che ho speso tanta parte di me e della mia esperienza artistica per interpretarla.
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