“Non volevo che gli altri mi considerassero un codardo”. Questa è l’agghiacciante spiegazione fornita alle autorità da uno degli otto minori che nel 2006, a Marsiglia, diedero fuoco a un bus dove era intrappolato lo studente senegalese Mama Galledou, che rimase bruciato vivo.
A fatti del genere si è ispirato il neo-regista Pascal Elbé, già affermato attore teatrale e cinematografico, nonché sceneggiatore, che esordisce ora con Tete de Turc, presentato al Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione Alice nella città e ambientato nel mondo crudele delle banlieue. Un mondo diviso per generi, dove tutti esibiscono una maschera e nascondono i propri sentimenti, e basta poco per passare dalla solidarietà all’irrisione e all’emarginazione di chi si trova a compiere un gesto non condiviso dal clan.
Un ragazzo di 14 anni, Bora, coinvolto dalla febbre del branco, lancia un cocktail molotov contro la vettura di un medico di pronto soccorso, che si infiamma. Poi, preso dai rimorsi, lo salva. Indicato come modello di senso civico da un politico locale, il ragazzo viene invitato a ricevere una medaglia mentre la polizia cerca di trovare i responsabili dell’incendio. Bora cade in conflitto con sé stesso, sentendosi in colpa per essersi preso una lode che non pensa di meritare e, al contempo, nei confronti dei suoi compagni di scorrerie, che vengono man mano incarcerati. I suoi destini si incroceranno con quelli del fratello della sua vittima, poliziotto in cerca di vendetta, e di un uomo devastato dalla morte della moglie, in qualche modo legata alle malefatte di Bora.
Dramma corale, Tete de Turc alterna sociale, morale, politica e perfino un po’ di intrigo nel tentativo di dipingere la complessità della vita in banlieue nella Francia attuale. Influenzato dagli incroci narrativi tipici del cinema di Inarritu, Elbé punta soprattutto alla descrizione degli usi e costumi delle zone disagiate – dall’odio per tutto ciò che rappresenta lo Stato alla tendenza all’omertà sulle rappresaglie – e al contempo al ruolo ricoperto in quel contesto dalla famiglia.
Grazie all’esperienza di sceneggiatore, riesce a tenere su i fili con abilità, sfruttando anche la buona tenuta drammaturgica dei suoi interpreti, con particolare menzione per il giovane Samir Makhlouf.
Come attore, Elbé ha interpretato Mauvais foi (Bad Faith, 2006) di Roschdy Zem, di cui firma anche la sceneggiatura, Les mauvais joueurs (Gamblers, 2005) di Frederic Balekdjian e nel 2008 Comme les autres (Baby Love). Nel 2004 ottiene ai Cesar la nomina come Miglior promessa maschile per la sua interpretazione in Pere et fils (Father and sons). Sua la regia e la sceneggiatura del cortometraggio Timing (2002).
“Tete de Turc”, in francese, significa “capro espiatorio”.
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La redazione va in vacanza per qualche giorno. Riprenderemo ad aggiornare a partire dal 2 gennaio. Auguriamo un felice 2018 a tutti i nostri lettori.
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