Jafar Panahi non è ancora tornato in libertà, nonostante la grande mobilitazione del mondo del cinema e della cultura culminata nell’omaggio della Berlinale, che l’ha voluto comunque in giuria – benché agli arresti domiciliari – lo scorso febbraio. Ma proprio la decisione del festival diretto da Dieter Kosslick di riproporre tutti i suoi film, tra cui l’Orso d’argento 2006 Offside, ha convinto un piccolo e intelligente distributore italiano come Bolero ad acquistare la pellicola e farla uscire in Italia, l’8 aprile.
Il film, che dura appena 88 minuti, compatto e fresco come un documentario, ricostruisce una giornata storica nel calcio iraniano, la qualificazione ai mondiali in Germania con la vittoria 1-0 della partita contro il Bahrain. Ma lo fa da un punto di vista assolutamente speciale, quello delle tifose che sfidano la legge per entrare allo stadio. Le donne, infatti, non sono ammesse agli spettacoli sportivi per ragioni di buon costume: ovvero per preservarle dal contatto ravvicinato con tanti uomini, che per giunta urlano imprecazioni. Ma naturalmente, come in tutto il mondo, anche in Iran sono molte le ragazze appassionate a questo sport e pronte a tutto per vedere una partita con l’emozione della curva. L’unico modo è travestirsi da ragazzo, cercando di camuffarsi sotto un berretto con la visiera o persino a rubare una divisa dell’esercito e tagliarsi i capelli. L’idea del film, ha raccontato Panahi, è nata da un episodio personale e assolutamente reale: “Quattro anni fa mia figlia mi ha chiesto di accompagnarmi a vedere gli allenamenti della nazionale e, nonostante l’abbiano rimandata indietro all’ingresso, è riuscita lo stesso a intrufolarsi sugli spalti”.
Anche le ragazze del film ci provano, ciascuna a suo modo. Ma vengono “pizzicate” dai soldati e tenute in una specie di recinto all’interno dello stadio durante tutta la partita, che riusciranno solo a “sentire” attraverso le urla della folla, festeggiando il gol del vantaggio e poi la vittoria e la qualificazione. In quei novanta minuti a contatto con i guardiani forse riusciranno anche a fare breccia nell’assurda rigidità del costume e delle consuetudini, spesso contraddittorie. “Perché – si chiede una di loro – possiamo sedere accanto agli uomini in un cinema, oltretutto al buio, ma non sulle gradinate?”.
“In Iran – spiegava ancora Panahi – il confine tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, è piuttosto labile e le leggi vengono interpretate in vari modi. Non sai mai se hai a che fare con una legge o con la sua interpretazione”. Un tema affrontato anche dall’Orso d’oro della Berlinale di quest’anno, Nader & Simin di Asghar Farhadi. Come pure quello dello scontro generazionale, che in questo caso viene mostrato attraverso i dubbi che colgono i giovanissimi soldati, incaricati di tenere in custodia le tifose ma tutto sommato poco convinti degli ordini ricevuti. “I tradizionalisti rappresentano circa il 10% della popolazione – chiariva ancora il regista – ma detengono il potere e questo conduce necessariamente a uno scontro tra giovani e vecchi, senza contare il disagio di chi deve far rispettare dei divieti che non condivide”. E anche la lavorazione di Offside non è stata indolore. “Qualche giorno prima della fine delle riprese – ha raccontato Panahi – un quotidiano ha pubblicato notizie sul film e i militari hanno immediatamente ordinato di interrompere la lavorazione e consegnare i giornalieri perché fossero visionati. Ho rifiutato e siccome restavano solo da girare le ultime scene, a bordo di un minibus, ci siamo allontanati da Teheran e abbiamo finito le riprese”. Tuttavia Offside non è mai uscito in Iran, come del resto gli altri film dell’autore, Leone d’oro con Il cerchio. E il resto, purtroppo, è storia presente.
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