Nicolo Donato: l’amore (gay) al tempo dei neonazisti


C’è tutto l’armamentario nazista con l’aquila uncinata e la sigla ‘SS’ tatuate, il ‘Mein Kampf’ e le bandiere hitleriane, a fare da sfondo nella Danimarca di oggi alla storia di passione tra due uomini: Lars che si vede costretto a rinunciare alla carriera nell’esercito per la sua omosessualità e Jimmy, iscritto a un movimento neonazista, che scopre l’attrazione fatale. Un amore proibito e impossibile in un contesto violento e omofobo le cui ferree regole non prevedono certo relazioni di quel tipo ma punizioni esemplari.
Brotherhood (Fratellanza) è l’opera prima del 36enne Nicolo Donato, origini italiane e regista di video musicali, spot e cortometraggi, che ha vinto il Marc’Aurelio d’Oro come miglior film all’ultimo Festival di Roma e che uscirà in 20 copie con Lucky Red il 2 luglio.
Questo dramma intenso e rigoroso mostra come l’amore sia ancora un volta più forte di qualsiasi ideologia che condanna l’altro e ne fa un nemico a causa dell’orientamento sessuale, del colore della pelle o della religione professata. Brotherhood (Fratellanza), prodotto da Per Holst, che ha realizzato film con Lars von Trier e Bille August, è interpretato tra gli altri da Thure Lindhardt (Lars) che ha avuto una candidatura al Shooting Star del Festival di Berlino 2000.

Ha avuto dei problemi a girare il film?
Non abbiamo ricevuto minacce né abbiamo mai avuto contatti con questi gruppi. Certo all’inizio delle riprese eravamo un po’ nervosi perché giravamo in una parte della Danimarca dove i naziskin sono presenti. Perciò siamo stati attenti a non avere brutte sorprese.

Il  suo esordio non va letto come uno sguardo sull’universo neonazista?

Sì, il film non vuole essere un’indagine o un’inchiesta su quel mondo politico anche se sono stato ispirato da un documentario sulle formazioni di estrema destra. Si tratta invece di una grande storia d’amore tra due esseri umani, e in fondo non importa se è tra due omosessuali o in un contesto neonazista. Spero che venga visto anche dai neonazisti, che li metta a confronto con la verità delle passioni. Un film che faccia riflettere sulla violenza e sul fatto che non nasciamo cattivi, ma sono le circostanze o l’ambiente a trasformarci. Siamo tutti esseri umani e dunque uguali perciò non ha senso scagliarsi contro chi ci pare diverso da noi per convinzione religiosa o altro.

Come si è documentato nel mostrare questo microcosmo politico?
Un amico, che in passato ha militato in questa formazione tanto da essere arrestato ben cinque volte, mi ha raccontato quel mondo, una volta abbandonato. Così come abbiamo inserito, trovandolo su un giornale nazista del nord Danimarca, quel riferimento all’ambientalismo che è parte di una filosofia organica alla natura.

 

Di quale consenso e simpatia godono questi gruppi neonazisti nel suo Paese? 

Purtroppo hanno un discreto seguito, sono presenti con marce e manifestazioni, ma di loro si parla poco in televisione, e quanto alla loro composizione sociale ed età non ho informazioni precise. So che sei mesi fa accettavano nuovi adepti purché avessero fatto il servizio militare, ritenendoli così pronti a combattere. Un motivo in più per il sottoscritto di essere contro l’esercito. Al momento i neonazisti sono una forza politicamente isolata, che non ha rapporti con i lgoverno centrale, ma intanto da 5/6 anni è diventato difficile per gli stranieri entrare nel nostro Paese a causa di recenti leggi repressive sull’immigrazione.

 

Come mai Lars s’avvicina al gruppo neonazista fino a frequentarlo, nonostante all’inizio abbia espresso diffidenza, anzi addirittura un rifiuto netto dell’ideologia xenofoba e della violenza razzista?
Lars in famiglia non è apprezzato per quel che vale, a cominciare dalla madre che vorrebbe che fosse come lei esige, mentre il padre è silenzioso e totalmente assente. Lars, che ha bisogno di un padre autorevole, va a cercare il rispetto e la considerazione che non trova in famiglia, in quella comunità politica. Incontra  all’inizio un gruppo che si diverte, che gli dà senso di appartenenza e che apprezza la sua intelligenza. E Jimmy, che si occupa del fratello minore gli appare come quella figura paterna forte che va cercando.

 

Il suo rapporto sul set con gli attori?
Innanzitutto sono abituato a lavorare a stretto contatto con le persone, per 10 anni sono stato infatti fotografo di moda. Agli interpreti ho sempre suggerito di non preoccuparsi della macchina da presa, per altro a mano, o delle luci, ma di sentirsi liberi e a proprio agio sul set, senza vincoli, anche dimenticando le battute. All’attore nel ruolo di Jimmy ho chiesto di parlare per lo più con gli occhi e il corpo, quasi ad esprimere un’infanzia e un’adolescenza difficili.

 

Come ha scelto la musica?
Solo una volta ho utilizzato un brano del repertorio nazirock. Ho invece privilegiato una musica romantica che sottolineasse la storia d’amore, che fosse un valore aggiunto. Non a caso ho immaginato il commento musicale, che per me ha un ruolo fondamentale, prima ancora di scrivere la sceneggiatura, e ho anche collaborato con il pezzo introduttivo del film.

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