LECCE – Un mockumentary ambientato nel futuro, anno 2036. In questo tempo prossimo l’Ilva di Taranto s’è trasformata in una fabbrica per la produzione di canapa: gli edifici in disuso vengono riqualificati, nasce così il Museo Milva – da cui il nome del film, appunto – un universo espositivo pensato per lasciare un segno, una memoria storica a monito di ciò che l’essere umano non dovrebbe più commettere. Senza riferimenti all’attualità politica e economica, questo mockumentary non si prefigge di fare un’inchiesta giornalistica, ma lo scopo è quello di riuscire, al contempo, a far pensare e sognare.
La redazione di “CinecittàNews”, media partner del Festival del Cinema Europeo di Lecce, ha selezionato Milva di Nico Capogna per assegnare la propria Menzione Speciale, scegliendo in una rosa complessiva di 7 titoli presenti nella sezione “Cinema e Realtà”, rassegna di doc italiani in anteprima regionale, opere a sfondo sociale e culturale, occasione di riflessione e di approfondimento su argomenti ed eventi della realtà contemporanea e del territorio.
Nico Capogna, come nasce l’idea di Milva? È stata pensata sin dalla sua nascita come mockumentary?
Sì, è nato sin dall’inizio con quella struttura, con quella cornice narrativa, perché l’obiettivo del progetto era raccontare e rendere un pochino più mediatico il problema dell’Ilva: mi sono reso conto che molte persone, soprattutto all’estero, non ne sono a conoscenza, nonostante sia lo stabilimento più grande d’Europa. C’era una volontà di denunciare sì, ma in una maniera un po’ più frizzante, con la dinamica del mockumentary, per cui il problema viene trattato ma come passato: noi come umanità siamo diventati esseri intelligenti e moderni e ricordiamo vicende e errori che sono frutto del passato. Così si crea una dialettica molto controversa in cui ci sono dei problemi, ma raccontati in modo da essere percepiti come già superati.
Come si è davvero misurato con il linguaggio del mockumentary, particolare, vivace, non semplice però?
La scommessa è stata cercare di rendere credibile il futuro. Essendo una dinamica da documentario è farcito di interviste, per altro reali: il mockumentary di solito è un finto documentario e spesso i mockumentary raccontano proprio balle, spacciandole per vere; qui la questione è un po’ diversa, il mockumentary è una cornice ma i fatti e i dati raccontati all’interno sono assolutamente reali. Noi dovevamo provare a rendere credibile il futuro e l’Ilva come stabilimento riconvertito, a questo proposito le riprese sono state effettuate in uno stabilmente in Germania, che è stato davvero riconvertito, lì è avvenuta esattamente la cosa raccontata.
Milva coniuga l’idea del futuro e la fantapolitica: come avete lavorato per trovare un equilibrio tra questi concetti?
Il mockumentary deve spargere semi che devono essere credibili e per riuscire in questo devi collegarti alla realtà attuale: per questo c’è la figura di Vincenzo Fornaro – un simbolo mediatico, raccontato anche da Le iene -, una persona reale, che ha fatto davvero politica a Taranto, e così tutta la storia è stata incentrata su di lui, che in un certo senso è il protagonista, o comunque il motore del cambiamento che viene raccontato. Con la co-sceneggiatrice, Claudia Ostuni, eravamo un po’ in dubbio se inventare una persona da zero, inventando un nome e una faccia quindi, spacciandola per qualcuno che si fosse candidato a sindaco, nel futuro, oppure se optare per Vincenzo Fornaro. Siamo ricaduti su di lui per la sua figura importante a livello mediatico quando si parla del problema Ilva, ma connessa anche alla canapa: la sua figura s’è rivelata un ottimo ponte tra le due tematiche. Infatti, nella seconda parte del film, c’è il risvolto connesso alla canapa.Sì e non va dimenticato, è l’altro tema di Milva. È molto importante perché è un po’ una metafora, è il simbolo di logiche di potere che spesso vengono attuate non rispettando i territori: l’Italia, negli Anni ’50, era il secondo produttore mondiale di canapa, mondiale!, mentre gli americani non sono mai stati grandi produttori, ecco perché poi nel secondo dopoguerra, col Boom economico, quella che noi chiamavano ‘canapa’ s’è chiamata ‘marijuana’, un processo molto… spinto dagli americani e così noi abbiamo schiacciato le nostre culture, i nostri mestieri e tradizioni. Anche la canapa può essere vista come un ottimo simbolo di riconversione, nell’ottica di una chiave più sostenibile, perché molti dei prodotti fatti con la canapa sono stati poi sostituiti dai derivati del petrolio, il nylon in primis.
Per la realizzazione del film c’è stato qualche contatto con il sistema-Ilva?
No, l’Ilva non sa di questo lavoro. Non abbiamo nemmeno mai provato a fare una richiesta per realizzare riprese all’interno: sapevo già di pregressi abbastanza problematici, non consentono riprese, soprattutto se avessero compreso che si trattava di un lavoro in cui si parla di una chiusura dello stabilimento. Quindi, un collegamento diretto con l’Ilva non l’abbiamo: con i lavoratori, il nostro collegamento è con il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, che ha dato un contributo enorme nella produzione del lavoro: è un gruppo composto da lavoratori e ex-lavoratori dell’Ilva, per capirci coloro che hanno promosso e organizzato il Concerto del primo maggio a Taranto.
Qual è, per un autore, il valore cinematografico sì, ma anche culturale, di essere parte della selezione di una sezione come ‘Cinema e Realtà’?
Sono molto orgoglioso di essere in questa sezione e di aver potuto presentare il lavoro al Festival e il primo motivo di questo piacere è di poterlo fare ‘in casa’: il doc parla di Taranto, io sono di Bari, il Festival si svolge a Lecce, è come riportare a un centro la questione, per me questo è molto importante, perché il film parla sì a un pubblico tarantino, ma è stato pensato per parlare anche a una platea straniera che non conosce il problema.
La Menzione Speciale a Milva: “CinecittàNews” è il quotidiano online di cinema italiano e internazionale edito da Cinecittà SpA, realizzato dalla Direzione Comunicazione e Attività editoriali di Cinecittà, un riferimento per l’industria del settore grazie al suo linguaggio dinamico e generalista e alla sua attenzione all’attualità. Per la Menzione Speciale 2022 di un’opera della sezione “Cinema e Realtà” la redazione di “CinecittàNews” ha scelto un film capace di affermare che il cinema sia anche saper creare sogno, pur quando narra partendo dalla più stringente attualità. La scelta del mockumentary concorre ad alimentare non un universo fantasy, bensì un cosmo realistico e fantapolitico collocato nel futuro prossimo. Un mostro per l’ambiente, la società, la salute, un monumento di immobilità e morte: l’Ilva di Taranto, da luogo degli orrori della Puglia e delle cronache, con il cinema si trasforma in un museo, che nella sua essenza porta il concetto della memoria storica e uno spiraglio su un futuro differente. Per l’audace vitalità con cui l’autore prende in mano un soggetto scottante e che ancora infiamma le esistenze di Taranto e dell’Italia e si fa capace di giocare con lo strumento cinematografico, facendone esplodere l’essenza fantasiosa, con un risultato altamente realistico; per la capacità di tessere con vitalità il linguaggio del mockumentary con quello della Storia contemporanea, Menzione Speciale “CinecittàNews” a Milva di Angelo Domenico Capogna.
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