PESARO – L’attenzione della Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro per il cinema d’animazione è una costante nel tempo. Confermata da una delle proposte di questa edizione, l’incantevole Maestrale di Nico Bonomolo, un cortometraggio che riesce a creare una narrazione composita con il disegno e che evoca, attraverso un raffinato bianco e nero, una dimensione cinematografica pura. Vincitore del David di Donatello, Maestrale si apre su un uomo in giacca e cravatta che sta andando al lavoro. Una barca a vela “for sale” innesca il desiderio di libertà e di orizzonti aperti. Lascia tutto e inizia una navigazione che lo porterà su un’isola, complice una tempesta di maestrale: da qui il sogno si trasforma via via in ricordo o forse immagine di un futuro troppo uguale al passato da cui ha deciso di scappare. Siciliano di Bagheria, 48 anni, Nico Bonomolo sta lavorando al prossimo film, che segnerà il suo esordio nel lungometraggio.
Maestrale è prodotto da Ficarra e Picone con Attilio De Razza. Come vi siete incontrati?
Abbiamo amici in comune e poi avevano proiettato il mio corto precedente, Confino, coprodotto con Lucky Red, in una rassegna curata da loro a Palermo. Il corto era piaciuto molto al pubblico e quindi hanno accettato Maestrale quasi a scatola chiusa. Mi hanno solo chiesto se era ‘tipo Confino‘? Con la loro società, la Tramp, hanno prodotto film drammatici, come Inseparabili o il recente Una femmina. Sono due comici ma producono anche cose depressive.
Ha avuto a disposizione un piccolo team per realizzare questo corto.
Eravamo 7/8 persone, abbiamo lavorato a Palermo. Per me che ero abituato a fare tutto da solo era una squadra grande ma in effetti no, se si pensa che abbiamo realizzato tutto in nove mesi. Le musiche sono di Gioacchino Balistreri che ha già collaborato con me in passato. In tutto ho fatto cinque cortometraggi per un durata totale di 55′, la mia opera sta dentro un’ora di durata e passa dagli esordi alla maturità, lo dico scherzando ovviamente.
Si aspettava il David di Donatello?
Macché. Sono un tipo pessimista. Penso sempre che il mio lavoro non piacerà e che devo smettere. Ho iniziato tardi a fare animazione, a 35 anni, dopo la laurea in Giurisprudenza e l’attività come artista visuale, anche se ho sempre avuto una forte passione per il cinema. La presenza di Giuseppe Tornatore a Bagheria per girare Baaria ha prodotto un incremento di registi nella mia città. Il mio primo corto da autodidatta, Lorenzo Vacirca, ha vinto un premio a Taormina; Confino è stato candidato ai David e al Globo d’oro. Ogni volta che sto per abbandonare arriva qualche premio.
Come è approdato all’animazione?
Il mio rapporto con l’animazione è particolare, non sono un esperto e la mia conoscenza si limitava ai cartoni che vedevamo da bambini. Però sapevo disegnare, avevo passione per il cinema e non avevo un budget sufficiente a coinvolgere degli attori. Così ho cominciato. Poi l’animazione ti prende la mano: quando vedi il disegno che si muove… Il riferimento per me è sempre stato il cinema dal vero, il bianco e nero degli anni ‘60/70. Oggi continuo a fare animazione anche se mi sento un abusivo.
Ha lavorato con due attori, Alessandro Rugnone e Annalisa Valoroso, come modelli.
Non uso il rotoscopio, ma per la navigazione a vela ho dovuto fare modelli 3D e poi ho usato gli attori che mi avevano già aiutato in Confino per rendere molto realistiche le azioni dei due personaggi.
Il film ha una struttura perfettamente circolare che evoca anche l’ineluttabilità del destino.
La circolarità mi interessa da un po’ ed è presente anche nel mio terzo lavoro, Detour, fatto con quadri che si muovono, dove una palla da biliardo viene tirata fuori da una finestra e dopo aver fatto un lungo viaggio torna al punto di partenza. In Maestrale volevo una scatola che fosse il contenitore di tante situazioni. Ciò che accade potrebbe essere ricordo, immaginazione o flash forward e suggerisce che puoi scegliere un’altra rotta ma se il destino ti sbarra la strada tornerai al punto di partenza.
Accade spesso in amore: si cambia partner per ritrovarsi ad affrontare gli stessi ostacoli.
Nella coppia e anche in generale nella vita, accade spesso, è vero.
Sta lavorando al suo primo lungometraggio.
I miei produttori sono intenzionati, ma sono ancora alla ricerca di un’idea e mi accorgo che il mio cervello tende a sintetizzare. Sono intrappolato nello schema del cortometraggio. Vorrei scostarmi dall’animazione per adulti che propone fiabe rivisitate come in Gatta Cenerentola o storie drammatiche come in Persepolis, mi piacerebbe girare una commedia con in mente modelli come Elio Petri, Jean-Luc Godard o anche Lina Wertmuller. Vorrei ambientarlo in un’isola del Mediterraneo che diventa una sorta di microcosmo.
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