Nemmeno il destino


Nemmeno il destinoRaro caso di incontro felice tra scrittore e cineasta, Nemmeno il destino di Daniele Gaglianone (leggi l’intervista), dal romanzo omonimo di Gianfranco Bettin, ha dato all’autore del libro vasti spunti per ripensare, in qualche caso tagliare altrove aggiungere. Per esempio il riferimento a William Faulkner. “Quando Gianfranco ha visto il film racconta il regista è rimasto colpito dal vedere che uno dei ragazzi aveva in tasca L’urlo e il furore, tra l’altro proprio nella vecchia edizione Medusa-Mondadori in cui anche lui l’aveva letto”. “Era uno dei miei libri guida ma non avevo osato citarlo, vergognandomi un po’ di suggerire temerarie e insostenibili parentele tra i due testi”, scrive Bettin nella nuova postfazione al volume.

È imploso il furore di Ale, Ferdi e Toni, come il disagio delle periferie che Gaglianone racconta in questa opera seconda selezionata dai Venice Days, prodotto da Arcopinto, Trezzini e Procacci col fondo di garanzia, nelle sale con Fandango dal 5 novembre. “Da Porto Marghera a Torino, in zona Barriera di Milano, è la stessa atmosfera di sospensione tra città e campagna, adolescenza e maturità, che mi interessava e che ho voluto restituire”, spiega il trentottenne Gaglianone, anima da documentarista fin dall’apprezzata opera prima I nostri anni. E riflette: “La fabbrica è una cattedrale sconsacrata, l’ex operaio un reduce. Ma non mi azzarderei a dire che la classe operaia non esiste più; uno dei protagonisti del film, per esempio, lavora in fabbrica, a 600 € al mese. Sono realtà presenti anche se tendiamo a dimenticarle”. Certo sono sradicati, abbandonati a se stessi, i tre ragazzi che il film insegue con approccio “prima naif e realistico, poi sempre più allucinato e astratto”. Un padre alcolizzato, una madre con problemi psichici, famiglie sfrattate di casa senza troppe cerimonie, una scuola che non riesce a tenere insieme i pezzi, ambienti religiosi dove l’ipocrisia è la regola. Sarà decisivo per Ale l’incontro con una comunità per minori a rischio e con l’educatore Stefano Cassetti (l’unico vero attore) ricalcato su tanti amici impegnati nel volontariato. “Alla montagna, molto presente nel libro, ho voluto dare un significato catartico, come di un altrove che i ragazzi non conoscono ma che Ale sogna”. E dove finalmente trova energie di ribellione.

autore
26 Ottobre 2004

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