CANNES – Standing ovation in sala per Bernardo Bertolucci alla première del suo film, Io e te, fuori concorso al festival di Cannes, e dodici minuti di applausi alla fine della proiezione. Il regista di Parma, 71 anni, ha ricacciato indietro a forza la commozione. Sceso dalla sua auto speciale, ha percorso sulla sedia a rotelle parte del tappeto rosso, fermandosi all’inizio della Montée des Marches, i 24 gradini alla fine dei quali si entra nell’immensa sala del Grand Theatre Lumiere. Poi è salito dall’ingresso laterale degli artisti attraverso gli ascensori. Nel foyer della sala ha trovato ad attenderlo i suoi giovani attori. Poco prima, in conferenza stampa i due interpreti gli avevano tributato un’autentica dichiarazione d’amore. La catanese Tea Falco, bellezza ed emozione allo stato puro, e il 14enne Jacopo Olmo Antinori: sono loro la materia prima incandescente di Io e te.
“Mi piace vedere la realtà che cambia davanti alla macchina da presa – dice il regista – e Jacopo è addirittura cresciuto durante il film”. Per Tea: “Bernardo è la persona più bella che io abbia mai incontrato, come umanità e come regista. Insieme abbiamo vissuto un momento di malinconia grandiosa ed è come se avesse tirato fuori dei filamenti da dentro di noi per ricucirli in modo perfetto”. Per Jacopo, alla prima esperienza di cinema: “Chiunque, sul set di Bernardo, sente un’energia stranissima, un’armonia… il modo in cui lavora è straordinario”.
L’amore è ricambiato. Per Bertolucci “Tea Falco che arriva con indosso una pelliccia e sembra muoversi come un animale, è una nuova Marlene Dietrich come in Venere bionda di von Sterneberg. Tutti e tre si sono rifugiati nella cantina dove si svolge la storia, con il libro di Ammaniti riscritto dal regista insieme a Francesca Marciano e Umberto Contarello. “Entrare nella mente di un quattordicenne non mi è difficile, sono un caso di crescita interrotta. Poi c’era l’aiuto formidabile del libro, che è in prima persona, siamo arrivati nell’inconscio dei personaggi e nel nostro inconscio. Giravamo in trance”, dice ancora Bertolucci. Per Jacopo “Lorenzo rappresenta una parte dei giovani di oggi, ci sono sempre più persone che si chiudono in se stesse per evitare la sofferenza, me ne accorgo a scuola. Ma poi c’è anche la voglia di farsi valere, di affermare la propria identità. La fase di chiusura può essere un momento di transizione. Non credo che i giovani siano condannati a essere Lorenzo”. Per Tea “Olivia e Lorenzo sono ribelli che cercano di uscire allo scoperto o almeno se lo promettono”.
Poi Bertolucci, sollecitato da domande che spesso fanno riferimento a Ultimo tango a Parigi, spiega perché si è a lungo allontanato dall’Italia: “Ho avuto per anni un rifiuto per quello che vedevo attorno a me, la situazione politica, le malattie croniche del mio paese. Ma che possiamo fare se la maggioranza degli italiani vota per qualcuno che io vorrei dimenticare? È la democrazia. A un certo punto volevo tornare dove i miei ricordi e la realtà vanno a braccetto con un certo paesaggio, una luce, un modo di mangiare”. E poi la lingua. “L’italiano è letterario, mi faceva paura, è il punto debole di Antonioni che fa dire a Monica vitti ‘mi fanno male i capelli’. Stavolta credo di essre riuscito a rendere i dialoghi semplici, come quelli del cinema americano”.
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