“Nauta è principalmente un film su un sogno”. E’ così che il regista Guido Pappadà definisce la sua opera prima, in uscita il 3 giugno in 10 copie con Iris Film. “Realizza anche un mio sogno personale – continua il regista – Vengo dal mondo degli effetti visivi e ho avuto modo di applicarmi a un’opera tecnicamente difficile, perché interamente girata in barca. Tutte le notturne sono impossibili da rendere con fotografia naturale, per cui le abbiamo fatte con l’ausilio della grafica computerizzata. E poi in generale il digitale aiuta. Ma più mi dicevano che era irrealizzabile, più io volevo farlo”.
Nel film il sogno è invece quello di Bruno (David Coco), antropologo e professore napoletano – una sorta di Indiana Jones partenopeo, verrebbe da dire – che un giorno, con un colpo di fortuna e in seguito alla chiamata di un amico lontano, riesce a imbarcarsi su uno yacht (la “Mariella”, un autentico pezzo di storia, risalente addirittura al 1938) assieme a un equipaggio di variegata umanità per andare alla ricerca di un rarissimo fenomeno naturale su un’isola esotica, che lui identifica filosoficamente con la perfetta armonia tra uomo e natura. In realtà, sta fuggendo da una vita che non lo soddisfa e dal dolore di una grande delusione amorosa. Con lui ci sono Davide (Luca Ward), burbero capitano suo amico di vecchia data, Max (Massimo Andrei), mozzo tuttofare che vive serenamente la sua omosessualità, Laura (Elena Di Cioccio), biologa raccomandata, insicura e cocainomane e Lorenzo (Paolo Mazzarelli), ‘fisicato’ sommozzatore esperto di sport estremi. Durante i giorni di traversata il gruppo vive una prima fase di diffidenza che si trasforma poi in apertura, fino a una svolta che porterà tutti a un cambio radicale nella vita.
“L’idea del film – spiega ancora il regista – è nata negli anni ’90, in piena rinascita ‘new age’, quando andava per la maggiore il libro ‘La profezia di Celestino’. Al tempo pensavamo potesse essere uno ‘scivolo’ per la storia, dato che tutti sembravano volersi distaccare da certi valori consumistici per raggiungere altro. Tutto ciò che diciamo nel film riguardo, ad esempio, alla filosofia taoista, è rigorosamente tratto da testi esistenti. L’abbiamo realizzato con la prevendita Rai e anche con il contributo del Ministero, a patto però di costruire un prodotto che fosse anche appetibile. Per questo abbiamo puntato su una storia schematica, lineare. Io poi sono un matematico, quindi mi viene naturale. Ne ho approfittato anche per qualche spunto sociale, come il tema delle raccomandazioni, ma è stato più che altro un modo per giustificare la partenza. Se c’è una raccomandata a bordo, è più facile credere che la ricerca di Bruno possa avere un finanziamento”.
“A me – dice Massimo Andrei che è anche co-sceneggiatore – è piaciuta invece proprio l’idea di queste persone così diverse costrette in uno spazio minimo per giorni. Lo vedo come una sorta di reality”. “Per noi – ammettono gli attori – è stata soprattutto una bellissima vacanza”. Soprattutto per Luca Ward, che di mare è da sempre appassionato: “E’ bello che ci sia un film che parla di questa passione – racconta – perché in Italia siamo tutti un po’ troppo focalizzati sul calcio. Sarebbe invece positivo far conoscere ai ragazzi quanto è bella la vela. Letterariamente parlando, però – continua – gli uomini che scelgono la vita di mare sono uomini in fuga. E’ il legame con la famiglia a richiamarli a terra, soprattutto quello con i figli. E’ già un piccolo miracolo, dato il sistema cinema che c’è da noi, che esca un film indipendente così coraggioso, partecipare è stato un piacere”.
Da segnalare la prova di Giovanni Esposito, l’amico dall’isola: “Io mi sono lasciato convincere perché il regista mi aveva promesso un film in barca – scherza l’attore, che pur avendo un ruolo secondario si guadagna l’onore di apparire al centro della locandina – ma poi la barca non l’ho vista nemmeno da lontano, dato che la mia parte è a terra e gli amici arrivano col gommone. Però quanto mi sarebbe piaciuto essere doppiato da Ward!”. Nel film il suo personaggio è balbuziente.
Anche gli altri si ritagliano il loro spazio. Andrei si produce in un simpatico balletto nelle vesti di una Drag Queen del mare, sulle note di un pezzo cantato da Elena Di Cioccio, che nella vita, oltre a lavorare in radio e in tv – per esempio ne ‘Le Iene’ – ha militato nelle Kissexy, band di tributo ai grandi del rock n’ roll, i Kiss. “E’ stato divertente essere l’unica ragazza con una banda di uomini – dice – Io poi ci sono abituata, la redazione de ‘Le Iene’ è grande il triplo e tutta al maschile”. E David Coco, dopo L’uomo di vetro, si cimenta in un ruolo forse meno impegnato, ma con molte sfumature: “Quello era un film ottimo – commenta – ma distribuito in estate in pochissime copie. Pubblico e stampa entusiasti, ma i premi li ha presi solo in Francia. Gli attori oggi vivono grazie all’iniziativa dei privati”.
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