Nanni Moretti e la Storia fatta con i “se”

Tre film in uno e una summa del suo cinema per l'atteso Il sol dell'avvenire, girato anche a Cinecittà


Tre film in uno e una summa del suo cinema con quella parata finale ai Fori Imperiali – all’ombra delle bandiere rosse – in cui ha raccolto tutti i suoi attori e i suoi personaggi, da Jasmine Trinca a Elio De Capitani, da Anna Bonaiuto a Mariella Valentini. Con Il sol dell’avvenire Nanni Moretti torna ai livelli di Caro diario e Palombella rossa, commuove, fa sorridere e convince, fa scattare una nostalgia sana ma osa anche cambiare il corso della Storia immaginando uno storico strappo tra il PCI e l’Urss all’indomani della rivolta dell’Ungheria e dell’invasione dei carri armati russi per le vie di Budapest (con echi, involontari, dell’attuale situazione in Ucraina). Insomma, un what if gioioso che afferma il socialismo dal volto umano. “Perché chi l’ha detto che la Storia non si può fare con i se…”.

Per il quattordicesimo lungometraggio dell’autore romano, nelle sale dal 20 aprile in 500 copie con 01 e in concorso al Festival di Cannes insieme a Rapito di Marco Bellocchio e La Chimera di Alice Rohrwacher, è il momento della verità con l’affollata anteprima stampa al Nuovo Sacher di Roma e in contemporanea a Milano, le interviste al regista e al cast corale e ricchissimo, in cui spiccano Silvio Orlando, Margherita Buy e Barbora Bobulova. Nanni presenta tutti gli attori, uno per uno, compresi i giovanissimi come Valentina Romani, che fa sua figlia, e Blu Yoshimi (era sua figlia in Caos calmo) che ha un ruolo piccolo ma importante.

Film dalla struttura complessa e riuscitissima, Il sol dell’avvenire, inizia proprio con un gruppo di compagni che scrive a caratteri cubitali quello slogan sul muraglione del Lungotevere. Da lì riunisce e coagula tutte le passioni di Moretti, dalla politica alla musica leggera, dalla psicoanalisi all’avversione per l’uso della violenza gratuita al cinema. Giovanni (lo stesso Moretti) sta girando un film, prodotto dalla moglie (Margherita Buy) e da un coproduttore francese spaccone (Mathieu Amalric). Il suo film parla di un giornalista dell’Unità (Silvio Orlando) e di una sarta comunista (Barbora Bobulova) alla guida della sezione Antonio Gramsci al Quarticciolo. Il tutto proprio durante i fatti d’Ungheria nel ’56 e mentre arriva a Roma il Circo ungherese Budavari (stesso nome dell’avversario da marcare in Palombella rossa) e con il circo anche il film si nutre di un certo qual sentimento felliniano evocato in diversi momenti, compresa una citazione da La dolce vita. Giovanni, frattanto, sta scrivendo una sceneggiatura dal romanzo Il nuotatore di Cheever (“magari l’avessi fatto a trent’anni, quando ero più in forma”, riflette mentre nuota in piscina) e sogna un film romantico puntellato di canzoni famose, da L’amore perduto di De André a Dentro la stanza di Battiato.

Le storie e le emozioni si mescolano. La moglie decide dopo molti tentennamenti di lasciare Giovanni, il produttore francese viene arrestato dalla Guardia di Finanza, arrivano dei coreani disposti a investire mentre con Netflix – che nelle sceneggiature cerca il momento ‘what the fuck!’ e si gloria di trasmettere in 190 paesi – non si trova alcuna sintonia. 

“A Cannes – spiega Moretti – vado con il solito spirito, so che anche in Francia il mio film è molto atteso, pochi giorni fa sono andato a Parigi a controllare i sottotitoli. L’affiche e il titolo sono diversi, ma ho detto sì: Vers un avenir radieux, un vecchio slogan della sinistra francese, uscirà il 28 giugno, lì non hanno, al contrario che in Italia, il tabù dell’estate. Vedere il proprio film a Cannes è bellissimo, con quella platea enorme, mi dispiace che non ci sia Matteo Garrone anche se non so nulla del suo film, come non so nulla degli altri, di Marco Bellocchio non c’è bisogno che parli io. Ho visto al cinema Esterno notte e ho trovato Margherita Buy bravissima con quei dialoghi così difficili. Alice Rohrwacher è una regista molto interessante, al Sacher ho programmato tutti i suoi film”.

Sollecitato dalle tante domande, lancia una riflessione sul cinema italiano: “I registi ci sono, i film d’autore anche, un tempo venivano coccolati e ora invece spesso vengono gettati allo sbaraglio. Ci sono tanti registi giovani, per me sono giovani fino a 65 anni, è un cinema vivo, quello che manca è la cura intorno al cinema inteso sia come fenomeno artistico che industriale, mancano ad esempio delle belle trasmissioni in tv per parlarne. Poi i film che funzionano ci sono sempre, sfido chiunque ad aver pronosticato il successo che ha avuto Le otto montagne“, ha proseguito. Come esercente non ha formule per riportare gli spettatori in sala: “Più che programmare buoni film cosa posso fare? So che dovrei rispondere che bisogna dare al pubblico ‘un’esperienza’, ma in questo sono un po’ vecchio, penso che programmare buoni film sia la cosa principale”. Mentre sulle piattaforme ha idee molto precise: “Vanno bene per le serie, i film si devono fare per il cinema”.

E’ contento di sottolineare quanto ci sia attesa, anche tra gli esercenti, per questo suo nuovo film che arriva a due anni da Tre piani.  Prodotto dalla Sacher con la Fandango di Domenico Procacci e la Rai (“Da Notte italiana ho sempre fatto film con la Rai, tranne Il portaborse che si rifiutarono di produrre e Il Caimano, che non ho proposto io per evitare imbarazzi”), Il sol dell’avvenire è scritto con le fedelissime Federica Pontremoli e Valia Santella, insieme alla new entry Francesca Marciano, un tocco femminile che si sente fortemente nei due personaggi principali, la sarta comunista che si ribella al diktat del partito (e anche alle indicazioni del regista) e la moglie produttrice che grazie alla psicoanalisi decide di separarsi. “Da tanto tempo – spiega Nanni – lavoro con le sceneggiatrici, ne La stanza del figlio erano Heidrun Schleef e Linda Ferri, ora, da tempo, sono Pontremoli e Santella”.

A proposito di fedeltà, è la quinta volta che lavora con Margherita Buy – che ieri ha battuto l’ultimo ciak del suo primo film da regista – e ritrova Silvio Orlando 17 anni dopo Il Caimano: “Sono più bravi di me a parlare del film e Silvio ha anche il permesso di improvvisare sul set”.

Sull’intreccio di diversi elementi: “Sapevo che stilisticamente avrei girato in maniera diversa il film nel film e il film con le canzoni. In Mia madre, Margherita era una regista che stava facendo un film su una fabbrica mentre sua madre moriva, in quel caso le scene del film nel film vennero dopo. Invece stavolta abbiamo ripreso un progetto di alcuni anni fa, scritto con Federica Pontremoli e Valia Santella, un film ambientato nel 1956, poi insieme a Francesca Marciano, abbiamo aggiunto attorno a quello la vita del regista”.

La prima stesura del Sol dell’avvenire risale a giugno 2021, quindi ben prima dell’invasione russa dell’Ucraina. “Ci ha influenzati solo un poco, abbiamo aggiunto una frase di Barbora, ‘noi vi apriremo le nostre case’ e tolto una frase sui carri armati a Viale Carso che suonava impressionante”. Ma la sceneggiatura invece è cambiata molto nel corso del tempo. “Ad esempio, la scena girata nel quartiere Mazzini con la canzone di Fabrizio De André era una litigata di cui non si sentivano le parole, il dialogo tra il ragazzo e la ragazza è arrivato dopo e mi è venuto in mente di essere io a suggerire le battute a Blu Yoshimi. Un altro cambiamento riguarda la parata ai Fori Imperiali, dovevano esserci solo Barbora e Silvio sull’elefante e mia figlia con il fidanzato, l’ambasciatore polacco interpretato da Jerzy Stuhr, e Mathieu Amalric, tutti con i vestiti anni ’50. Poi mi è venuto in mente di far tornare anche tutti gli altri personaggi del film, poi di chiamare anche i personaggi degli altri miei film. L’ho girata tre volte. Chiudo una prima fase della mia carriera a cui ne seguirà una seconda e forse anche una terza”.

Dalla Vespa al monopattino. “La Vespa di Caro diario e Aprile è al Museo del cinema di Torino. Adesso uso una Vespa più recente, mentre l’idea del monopattino ci è venuta in mente scrivendo. A Cinecittà l’aiuto regista mi ha fatto fare una prima prova sul monopattino che non avevo mai usato, quindi c’è stata la scena a Piazza Mazzini ed è stata la mia seconda e ultima volta”.

Nonostante la coerenza dei temi e delle situazioni, ci sono anche novità importanti. “La recitazione, la scrittura e la regia sono diverse perché si cambia come persone. Si cambia poco ma forse quel poco si riflette in questi aspetti. Io sono sempre andato contro l’onda. A metà degli anni ’80 c’era la tendenza a fare film fintamente internazionali, che per piacere a tutti non piacevano a nessuno, ho reagito fondando la Sacher e producendo Notte italiana e Domani accadrà. Anni dopo c’era il trionfo delle videocassette e io nel novembre del ’91 ho aperto il Nuovo Sacher. Quando gli esordienti non se li filava nessuno, ho iniziato a fare la rassegna ‘Bimbi belli’ dedicata alle opere prime. Ora in un momento di difficoltà delle sale, continuo a pensare il film per gli spettatori di un cinema”. 

Non manca la tirata contro i film di genere e la violenza gratuita, in una scena molto efficace in cui coinvolge anche Renzo Piano e Corrado Augias e telefona persino a Martin Scorsese (ma trova la segreteria telefonica). “In Caro diario me la prendevo con Henry pioggia di sangue che trovavo orrendo, ma non sempre è così. Bastardi senza gloria mi piace, come Taxi driver. Separerei film da film”.  

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