Nanni Moretti attore per ‘Il colibrì’: “Che bello recitare per gli altri”

Il colibrì di Francesca Archibugi apre la Festa di Roma. Tra i punti di forza del film sicuramente c'è la presenza di Nanni Moretti, di nuovo nel ruolo di uno psicoanalista. E Nanni difende la sala


“Il colibrì mette tutta la sua energia per restare fermo”. Ed è così che è stato soprannominato, fin da bambino, Marco Carrera, protagonista del romanzo di Sandro Veronesi (Premio Strega 2020) e ora del film di Francesca Archibugi. Un bambino che non cresceva e che poi è diventato un uomo delicato, sensibile, circondato da figure femminili con cui confrontarsi, a volte scontrarsi. Scelto per inaugurare la 17ma Festa di Roma, il film scritto da Laura Paolucci, Francesco Piccolo e dalla stessa regista è una saga familiare corale, con continui salti tra diversi piani temporali. Inizia in una villa sul mare negli anni ’70 dove si consumano contemporaneamente la nascita di un amore mai consumato e la morte per suicidio di una giovane, finisce nel prossimo futuro con una morte voluta, un fine vita ricercato come un toccasana, circondato dal calore di parenti, amici e antiche fiamme.

Attorno a Pierfrancesco Favino, ci sono Kasia Smutniak, Bérénice Bejo, Nanni Moretti, Laura Morante, Sergio Albelli, Benedetta Porcaroli, Massimo Ceccherini, Alessandro Tedeschi, Fotiní Peluso, Francesco Centorame, Pietro Ragusa e Valeria Cavalli, nel film, prodotto da Domenico Procacci per Fandango con Rai Cinema e co-prodotto da Anne-Dominique Toussaint per Les Films des Tournelles-Orange Studio, che sarà nelle sale già da domani 14 ottobre distribuito da 01 Distribution con un’uscita in 460 copie. Da segnalare anche la colonna sonora di Battista Lena con un brano inedito di Sergio Endrigo e Riccardo Sinigallia Caro amore lontanissimo, ritrovato dal catalogo editoriale di Sugarmusic, in collaborazione con Concertone, che Claudia Endrigo, figlia del cantautore, ha affidato a Marco Mengoni

Tra i punti di forza del film sicuramente c’è la presenza di Nanni Moretti, di nuovo nel ruolo di uno psicoanalista come in La stanza del figlio e Tre piani, e di nuovo interprete di un film tratto da Sandro Veronesi dopo Caos calmo (2008) che è anche la sua ultima interpretazione come attore diretto da altri: “E’ piacevole recitare per altri registi, e poi Francesca tratta molto bene i suoi attori e attrici”, dice Nanni. Che è Daniele Carradori, una sorta di deus ex machina che infrange il segreto professionale per coinvolgersi nelle vite altrui. Un Moretti anche ironico e leggero, in un film molto cupo e doloroso. E interviene sul tema del momento, la difficoltà delle sale e la resistenza degli esercenti. “Continuo a credere nella sala – dice il regista anche gestore del Nuovo Sacher – portando avanti la mia con fatica. Come spettatore preferisco vedere i film sullo schermo e come regista e produttore mi vengono in mente dei progetti immaginando il pubblico nei cinema. In Francia c’è una finestra di 15 mesi, in Italia zero. Ci vuole il nostro lavoro di autori però ci vuole anche un clima e delle leggi che aiutino i film in sala”.

Francesca Archibugi aggiunge il suo punto di vista: “01 ci ha dato tante sale e se il film non andrà bene sarà solo colpa nostra. Dobbiamo combattere contro la disaffezione naturale degli spettatori, ricreare l’abitudine a uscire di casa. Il cinema è un evento collettivo, ma che evento collettivo è se le sale sono vuote? Per la nostra generazione è stato importante ed è terribile che restino in sala solo giocattoloni per 13enni. Il cinema ha la dignità della letteratura, è un modo per interrogarci sulla nostra vita, vedere un film richiede uno sforzo, poi ci ripensi mentre torni a casa e io vorrei che tutto questo non morisse. Il nostro compito è tentare di fare film belli”. Sulla presenza di Nanni nel film – con una scena in cui Moretti fa l’arbitro di una partita di tennis e sentenzia: “Mi piace sovrastare, dominare, far arrabbiare i giocatori”, la regista puntualizza: “Nanni ‘morettizza’ tutto. Quello che lui porta a Carradori lo rende un personaggio speciale, arbitro e giocatore, deus ex machina, sicuramente ci ha messo del suo”.

Sulla genesi del progetto, la regista racconta di aver letto il romanzo di Veronesi il giorno stesso in cui è uscito. “Ho letto e amato tutti i suoi libri, questo mi ha turbato e inizialmente non pensavo di farci un film, poi è arrivata la proposta di Procacci e Veronesi. Il libro sembrava adatto a me, toccava tutti i temi a me più cari, era come se fosse stato scritto da me, ma meglio”.

Favino difende l’emotività del suo personaggio: “Ha una maschilità che non viene spesso raccontata, un aspetto che siamo abituati a definire femminile, anche se io nego questa distinzione. Marco Carrera vive circondato da donne, mette gli altri prima di sé, non è ossessionato dalla sessualità. Non ho mai fatto la distinzione uomo/donna, forse perché sono cresciuto insieme a mia sorella. Credo che dobbiamo tornare a raccontare gli esseri umani, ci sono tanti uomini ‘morbidi’, io passo tempo a parlare di problemi sentimentali con gli amici maschi. Noi abbiamo un cuore. Ci sono tanti uomini che non si eccitano se non sono innamorati”. E sulla presunta immobilità del personaggio: “Non credo lo sia, è legato alle cose per cui vale la pena vivere, un’attività dispendiosa, ma il suo non è un atto di viltà”.

Sandro Veronesi è entusiasta del lavoro di Francesca Archibugi. “E’ una delle poche che sa raccontare la borghesia con tenerezza e pietà e non soltanto con la mano graffiante, che è la cosa più facile. Francesca era perfetta per il tocco che ha. Lei e gli sceneggiatori hanno mantenuto lo sconvolgimento della linea cronologica che era proprio della mia narrazione. Uno spettatore ha tutte le ragioni di dire che non capisce bene, mentre per un lettore è tutto più facile. Ma raccontare questa storia in modo lineare sarebbe stato tradirla”.

Sul suicidio assistito che conclude il film, il punto di vista di Francesca Archibugi: “La storia finisce nel 2030 e spero davvero che tra otto anni sarà possibile morire come decidiamo di farlo senza spararci, avvelenarci o buttarci dalla finestra, perché questa è l’alternativa adesso”.

Marco Mengoni racconta il percorso che ha portato a inserire Caro amore lontanissimo nel finale. “Sono entrato in punta di piedi per arrangiare quella canzone inedita di Sergio Endrigo scritta nel ‘74, la figlia Claudia mi aveva regalato questo brano alcuni anni fa ed era nel cassetto, ma poiché parla di mancanza era perfetto per chiudere il film”.

Laura Paolucci interviene sulla costruzione della sceneggiatura: “Abbiamo dovuto ricostruire una timeline ma soprattutto ci siamo emozionati enormemente. Questo libro parla di lutti indicibili come la morte di una figlia – in italiano non c’è, come invece in ebraico, una parola per poterlo definire – sapevamo che il nostro protagonista era sopravvissuto, che ce l’aveva fatta, ma come? Una frase che ci ha colpito tanto nel libro è questa: ‘dovrebbe essere noto che tutto quello che accadrà è contenuto in un inizio’. Così siamo partiti dalla prima volta del protagonista adolescente con la coetanea Luisa Lattes e dal suicidio della sorella. Da lì abbiamo incastonato tutta la storia. Mentre nel finale la morte volontaria di Marco è montata con il momento più alto della sua vita, quella partita a poker in cui accetta completamente il suo destino”.

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13 Ottobre 2022

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