“…quando ti sentirai solo, i grandi del passato saranno lì a guidarti…” è il monito che apre e accompagna la storia del cucciolo di leone, nato non di sangue reale e poi orfano, diventato Mufasa: Il Re Leone, nonno di Kiara, figlia di Simba (Marco Mengoni) e Nala (Elisa), che – nello spirito di un epico “c’era una volta…” – conosce la storia della sua famiglia dalle parole di Rafiki (Toni Garrani), babbuino filosofo, facendosi così erede consapevole della sua stirpe, ascoltando la leggenda in compagnia degli spassosi Timon (Edoardo Leo) e Pumbaa (Stefano Fresi).
Jerry Bankins, regista del film natalizio Disney, racconta tra il presente e il flashback, tempo passato in cui è ambientata la più parte della vicenda, che comincia con un’affermazione assoluta di Simba: “la nostra casa è frutto della visione di mio padre … Nala e io rendiamo più grande il cerchio della vita”, spiega alla sua piccola. Parole con cui evoca, alla mente degli spettatori che quantomeno conoscano la versione originale animata del ‘94, anche una dimensione musicale del racconto, che in questo film è presente, seppur con brani che – almeno al primo ascolto, nella versione italiana – non sembrano nati per diventare hit, come invece accaduto con la canzone simbolo, Il cerchio della vita, cantata trent’anni fa da Ivana Spagna.
Per questo film, la magia della visione estetica che fa immergere nei paesaggi africani è un misto tra live-action e immagini fotorealistiche generate al computer, capaci di una sofisticata e sorprendente verosimiglianza della fauna, in particolare nella mimica dei felini, che fa raggiungere un realismo commovente.
“Il destino era segnato” sentenzia Rafiki in principio al racconto, e da qui in poi lo spettatore assiste alla parabola di Mufasa (Luca Marinelli), dall’infanzia con la perdita dei genitori durante una piena, in cui le ultime parole che ode dal papà sono: “segui la voce della mamma”, che a sua volta lo rassicura gridando, nel tumulto della violenza dell’acqua che schiaffeggia le rocce e affonda il piccolo, “trova la strada un passo alla volta”. E, il primo passo, Mufasa riesce a farlo aggrappandosi fortunosamente a un tronco galleggiante, lì nella desolazione dopo la tempesta, “lontano da sua mamma, da suo papà … da tutto ciò che conosceva”.
Ecco così fare la sua entrata in scena Taka, cucciolo di leone di nobile stirpe, che recupera Mufasa dall’acqua: suo padre, però, lo considera “un emarginato”, vorrebbe cacciarlo dal suo branco, ma è mamma Esche a frapporsi tra il padre di suo figlio e quel cucciolo perso, perché “a perdersi s’impara la strada” afferma lei. Sotto il dissenso del padre leone, che sentenzia “un giorno lui ti tradirà”, nasce una fratellanza, Mufasa cresce con il branco di leonesse e Taka che afferma “ho sempre voluto un fratello”.
Come ogni “favola” che si rispetti, e questa lo è senza dubbio, un nemico s’insinua, e quello del film ha il colore candido della neve: leoni bianchi, con re Kiros a capo, insidiano il branco del padre di Taka e così il genitore fa partire i due “fratelli” per “un luogo oltre l’orizzonte stesso”; Mufasa e Taka partono, con mamma Esche che sprona il primo trovare “la strada di casa” e ricordando al proprio erede che “il tempo del coraggio arriverà”: “trovate il vostro posto nel cerchio della vita”.
Sulla complessa via verso la leggendaria Milele, paradiso terrestre di convivenza delle specie, eden in terra, Mufasa e Taka incontrano una giovane leonessa, una principessa: Sarabi (Elodie), e un babbuino filosofo, Rafiki – e in questa storia si scopre anche quella del suo inseparabile bastone; è un viaggio di fratellanza, di inclusione, ma anche di rabbia e vendetta.
In una laica “arca di Noè”, quanto mai spirituale nel suo senso primo di solidarietà, a Milele, bisonti, giraffe, leoni, elefanti, ghepardi … seguono il monito di Mufasa, secondo cui “niente cambierà se restiamo isolati … ogni creatura ha un destino nel cerchio della vita … io non cederò al male”: l’intera savana si schiera con Mufasa e a lui s’inchina. Sequenze epiche, in cui s’intessono anche il senso della maternità e un cono di luce sulla figura di Scar.
La storia del Re è dunque compiuta e, come dice Rafiki a Mufasa: “non conta ciò che eri ma ciò che sei diventato: il re di Milele”, quel nonno dall’animo regale che “vive in te”, ricorda il saggio babbuino alla cucciola di Simba che, di ritorno con Nala, porta un dono di eterna fratellanza alla sua piccola.
Mufasa: Il Re Leone esce al cinema dal 19 dicembre, distribuito da The Walt Disney Company Italia.
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