La chiamavano Madame cinéma, da ieri sera Danièle Heymann non c’è più. Era stata critica cinematografica per L’Express, critica e responsabile del servizio Cultura di Le Monde, segretaria generale della Cinémathèque française. Ha lavorato per La Masque et la Plume (la più antica delle trasmissioni culturali della radio pubblica francese, France Inter, parte di Radio France). Negli ultimi anni, ha collaborato con il settimanale Marianne.
Chi ha avuto la fortuna di esserne amico sa cosa tutti abbiamo perduto: tra le altre cose, era una di quelle donne che con ferma discrezione hanno aperto la strada a tante giornaliste e critiche. È morta all’età di 86 anni proprio nel giorno in cui veniva annunciato il programma della 76esima Mostra del cinema di Venezia, festival che aveva frequentato per tanti anni e dove era stata in giuria: nel ’98, con Ettore Scola presidente, Héctor Babenco, Šarūnas Bartas, Kathryn Bigelow, Reinhard Hauff, Ismail Merchant, Luis Sepúlveda, Tilda Swinton.
Il suo legame con Roma e con l’Italia era speciale: da ragazza era vissuta in via Margutta, successivamente aveva comprato una “casetta” nel quartiere romano di Testaccio, quando poteva veniva a Roma e in Italia. Come ha fatto l’ultima volta all’inizio del mese di giugno con le figlie Agnès e Stéphane: prima Testaccio e Roma, poi il mare, il suo adorato mare, questa volta quello di Numana e della Riviera del Conero.
Era amica di Fellini, come di tanti grandi autori, per vent’anni aveva scelto il cinema italiano per il festival di Cannes. E così la ricorda Gilles Jacob, patron del festival francese fino al 2014, in una dichiarazione all’agenzia France-Presse (AFP): “Con Daniele Heymann, il cinema perde uno dei suoi più ardenti difensori e la stampa un grande caporedattore. Il festival di Cannes perde una complice e io un’amica da quarant’anni. Danièle tendeva a essere felice, sempre pronta per partire, e scriveva divinamente”.
Danièle Heymann era figlia del regista Claude Heymann e moglie di Jean Bertola, morto nel 1989, cantautore e pianista, accompagnatore di Charles Aznavour negli anni del suo debutto. Nel 2014, ha ricevuto il Premio Bernard Chardère dall’Istituto Lumière, un premio assegnato a una personalità “per il suo contributo alla professione di giornalista e critico cinematografico, e per la sua cinefilia, il suo stile, la sua curiosità e il suo umorismo”.
Anche Roberto Cicutto, presidente e ad di Istituto Luce Cinecittà, ricorda l’amica Danièle Heymann: “Senza di lei (coadiuvata dal lavoro dello storico ufficio stampa Simon Mizrhai) il cinema italiano sarebbe stato sicuramente meno difeso e presente al Festival di Cannes. Appena possibile si fiondava a Roma alla prima proiezione possibile per poter ‘lavorare’ sul titolo e inserirlo nella miglior posizione. Ma diventava amica e confidente anche di grandi attori come Marcello Mastroianni. Di Danièle tutti si fidavano. La sua ‘anima italiana’ si manifestava ovunque possibile, il suo amore per il nostro cinema, la nostra cultura, la nostra terra emanava da ogni scritto, da ogni recensione. La sua sincerità era un regalo insostituibile per tutti noi”.
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