MORETTI VIETATO NEGLI USA


“Moretti vietato ai minori Usa: solo chi ha più di 17 anni potrà vedere La stanza del figlio, il dolore fa scandalo”: certo, a leggere un titolo e un sopratitolo così in prima pagina su “La Repubblica” eppoi sotto il pezzo scritto con la penna quanto mai convincente di Michele Serra, resti di stucco.
Possibile che negli Usa i minori non debbano conoscere la cognizione del dolore? Possibile che ai divoratori di popcorn, usi a bearsi dinanzi alle megamorti dei film catastrofici, a trascorrere le ore manovrando i più trucidi videogiochi, sia vietata una vicenda incentrata sulla morte di uno solo, morte annunciata e poi pianta, mai vista comunque in diretta con quegli artifizi, cui Hollywood è maestra, dato il grande livello tecnico dei suoi studios?
O forse l’11 settembre ha avuto anche queste conseguenze? Siamo in guerra, perdio! Il cinema deve tornare a essere esclusivamente uno strumento di svago e il film di Moretti decisamente non lo è. La seconda guerra mondiale insegna: al cinema fu la sagra, in Italia dei “telefoni bianchi”, in Germania delle gambe di Marika Rőkk, negli Stati Uniti dell’ugola di Judy Garland, adolescente prodigio.
Tutto fila in questo discorso, dalle cause agli effetti. Il guaio è che parte da una notizia, se non del tutto errata, certamente monca. Per averla completa bisogna aprire a pagina 35 “Il Corriere della Sera” di ieri, dove il sopratitolo suona: “I minori di 17 anni possono vedere La stanza del figlio solo se accompagnati”.
Cambia poco, direte. Invece cambia moltissimo. Premesso che la censura, se così vogliamo chiamare un provvedimento del genere, negli Usa non è affare di governo, ma d’industria, il divieto “tout court”, che da quelle parti viene indicato con la lettera “X”, implica l’esclusione del film dai grandi circuiti. Mentre il divieto ai minori soltanto se non accompagnati, indicato con la lettera “R”, che significa “restricted”, non implica alcuna esclusione, anzi spesso aumenta la presenza nei cinema, poiché significa che il film è adatto più per gli adulti che per i minori, che si tratta di un film serio, generatore di dibattiti. Meglio dunque che i ragazzi lo vedano coi genitori, o chi per loro, e ne discutano insieme.
Accettato il sistema Usa, non si può dargli torto. Ve l’immaginate i mangiatori di popcorn discutere fra di loro la cognizione del dolore? Non è un caso se i maggiori cineasti statunitensi preferiscono che i loro film viaggino col marchio “R”, pur di distinguersi dalle cretinate che Hollywood offre ai ragazzi e ai mangiatori di popcorn.

autore
10 Gennaio 2002

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