Nasce da un piccolo tradimento Benzina, l’opera prima di Monica Stambrini tratta dall’omonimo romanzo di Elena Stancanelli.
“Fin dall’inizio ero convinta della necessità di tradire il mio libro per dare vita al film. Con Monica ho lavorato fianco e fianco: io sapevo da dove venivamo lei dove saremmo andate” racconta infatti la scrittrice.
Il risultato è un giallo lesbico che mette in scena la fuga dopo un matricidio di Lenni (Regina Orioli) e Stella (Maya Sansa), le amanti.
Si muovono di notte tra non luoghi cupi illuminati da neon e luci stroboscopiche per andare incontro ad un’esplosione “più catartica che mortifera” spiega la regista.
Hai impiegato anni a portare a termine “Benzina”…
Il film ha una storia molto travagliata: nel 1999 la commissione per l’art.18 ha rifiutato di finanziare il film. Poi nel 2000 l’abbiamo riproposto la sceneggiatura ed è stata accettata. Chissà, forse anche sull’onda del World Gay Pride. Temevo anche la censura, invece il film uscirà senza nessun divieto. È stato il produttore Galliano Juso, che aveva acquistato i diritti del libro di Elena Stancanelli, a scegliermi come regista. Forse perché le donne sono sempre state al centro dei miei cortometraggi. Per me è stata una sfida confrontarmi con l’ambivalenza del romanzo: temi forti, ma trattati con un tocco leggero, e giochi di specchi identitari tra le ragazze e la madre.
La fotografia e l’ambientazione dark sono i tratti forti del film. Sei d’accordo?
La cura delle luci era essenziale per la riuscita del film perché abbiamo girato per 7 settimane di notte. Ho chiesto a Fabio Cianchetti, il direttore della fotografia, di rendere tutto il più vivo possibile. Così lui ha giocato molto sulle tonalità del rosso e del turchese sfruttando le luci al neon della pompa di benzina e le rifrazioni sulle lamiere. Da parte mia ho lavorato sulla sottrazione per rendere gli ambienti irriconoscibili. Sono molto affezionata all’idea base del film: la fuga statica.
Che rapporto c’è tra “Benzina” e “Thelma & Louise”?
Ci sono molte similitudini. All’inizio sentivo di non poterle ignorare ma a un certo punto l’ho fatto: era l’unico modo per sentirmi libera. Ma le protagoniste del film americano sono più eroiche di quelle del mio film. Il “loro” finale è segnato da una sospensione, l’auto che per un attimo si blocca sull’orlo della voragine, nel nostro c’è un’esplosione più catartica che mortifera. In Benzina la morte non è mai solo distruttiva.
Lenni e Stella sono perseguitate da un gruppo di balordi…
Si, uno strano trio, due uomini e una donna, con relazioni piuttosto ambigue. Attraverso di loro ho messo in scena la confusione sessuale delle coppie etero, spesso maggiore di quelle gay, per contrapporla alla solidità della storia d’amore tra Lenni e Stella.
Perché hai deciso di inserire la voce fuori campo della madre morta?
La voce fuori campo è stata aggiunta in fase di montaggio. Amo il suo tono surreale, l’affettazione. È molto più materna della madre reale che doveva morire per guardare la figlia in modo diverso così come la figlia doveva ucciderla per crescere.
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