In sala con Warner, dal 3 dicembre, con una buona settimana d’anticipo rispetto agli Usa, il nuovo film di Ron Howard Heart of the Sea, un dramma avventuroso sviluppato attorno alla vicenda che ispirò Melville per la scrittura di Moby Dick. Alla base c’è infatti la tragedia della baleniera Essex, affondata nel 1820 dall’attacco di un enorme cetaceo.
L’avventura si dipana come meta-narrazione – un po’ come in Vita di Pi di Ang Lee – ed è proprio il personaggio di Melville (Ben Wishaw) a guidarci mentre intervista uno dei sopravvissuti, Thomas Nickerson. Owen Chase (Chris Hemsworth) si imbarca sull’Essex come Primo Ufficiale del Capitano George Pollard (Benjamin Walker), e il film prende la strada convenzionale del classico d’avventura marittima, risultando fin troppo simile, nell’afflato, alla versione ‘romanzata’ dello stesso racconto, che tutti conosciamo. Avrebbe giovato forse, per creare distanza, un approccio più realistico, magari con qualche concessione al linguaggio del documentario.
Nella seconda parte, però – dall’attacco del ‘mostro’ in poi – il tono cambia. C’è sicuramente molto spettacolo ma anche un’apertura verso una struttura più intimista e dialogica, a sottolineare le condizioni di forte disagio (fino a conseguenze estreme) in cui si trovano i naufraghi. Niente di originale, purtroppo, ma comunque funzionale, ed è notevole lo sforzo fatto da Hemsworth per raggiungere – lui di solito aitante e muscoloso – il deperimento corporeo di un disperso in un naufragio. Tom Holland (il futuro Spider-Man) interpreta Nickerson da giovane e ha una scena particolarmente forte in cui si deve introdurre nel corpo di una balena squartata per estrarne olio e viscere, come accadeva anche in Moby Dick. I cetacei sono realizzati però, per lo più, in una convincente CGI, anche grazie alla fotografia brumosa di Anthony Dod Mantle.
“Gli attori sono arrivati ad assumere solo 500 calorie al giorno, non mangiavano niente – racconta Howard -. Si allenavano sempre tra un ciak e l’altro per perdere peso, erano entrati profondamente nelle loro parti e nella storia del film. Ogni volta che arrivava la pausa per lo spuntino sentivo grossi sospiri di sollievo. Ma la dieta non era l’unica difficoltà, perché c’erano anche sole, vento e acqua da sopportare. Erano davvero là fuori, alla deriva, ci siamo anche spinti più di un miglio lontani dalla costa, finendo anche in una vera tempesta, come quella che ha colpito una location dove avevamo allestito il green screen: è scoppiata all’improvviso e abbiamo dovuto abbandonare tutto di corsa. Per fortuna nessuno si è fatto male e ora ci ridiamo su, ma non è stato piacevole. Ci ha ricordato quanto la natura possa essere terrificante”.
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