‘Misty’: la storia del pianista Erroll Garner, il re dell’improvvisazione

Il documentario di Georges Gachot dedicato all'iconico musicista jazz "dalle mille dita" è stato presentato al Seeyousound International Music Film Festival


“La prova vivente che il jazz non è fatto dai compositori, ma dai performer”: tale è stato Erroll Garner, una delle tante personalità della musica che i documentari e i biopic del Seeyousound International Music Film Festival ci hanno permesso di scoprire o riscoprire. Dopo essere già passato da Torino con Where are you João Gilberto?, il regista svizzero Georges Gachot questa volta ha presentato al pubblico la sua ultima fatica: Misty – The Erroll Garner Story.

Considerato uno dei più innovativi jazzisti di sempre, Garner è stato definito “il re dell’improvvisazione” per la sua capacità fuori dal comune di trasformare in musica il silenzio, suonando esclusivamente utilizzando il suo orecchio acutissimo e le sue velocissime “mille dita”. Il celebre pianista, infatti, era un autodidatta e non sapeva leggere gli spartiti. Una caratteristica che non gli ha impedito di diventare uno dei più amati e pagati musicisti della sua epoca. A ritenerlo un vero e proprio genio della musica sono stati i suoi stessi colleghi, che quasi 50 anni dopo la sua morte, avvenuta ad appena 55 anni nel 1977, hanno avuto l’occasione di omaggiarlo in questo documentario che porta il nome del suo brano più celebre: Misty, una canzone scritta guardando fuori dal finestrino di un volo da San Francisco a Chicago.

Attraverso le voci di chi lo ha conosciuto – musicisti, amici e parenti – Gachot cerca di esplorare il mistero di un talento senza precedenti, che accompagnava la figura di un uomo brillante, sempre sorridente e con la battuta pronta. Incorniciato dai suoi iconici baffoni, quel sorriso sembrava stampato sulla sua faccia, in ogni momento della sua vita, soprattutto davanti al pianoforte. Unico luogo, però, dove gli era concesso metterlo da parte per brevi istanti, quando il trasporto, la passione e l’ispirazione lo portavano in altri luoghi, con gli occhi chiusi, il volto sudato e inclinato verso l’alto, come in una sofferta preghiera.

Erroll Garner era un performer senza paragoni, un pianista che “suonava lo stesso brano ogni volta in modo diverso, ma sempre nel modo giusto” e che “poteva registrare tre album in una sola sezione”. Lo ricordano così i suoi vecchi compagni di avventura, che il regista ha l’intuizione di far suonare vicino a un pianoforte vuoto, ad accompagnare per l’ultima volta le note di un brano registrato in solo piano dallo stesso Garner. Uno dei tanti momenti emotivamente toccanti di un film che si fonda interamente sulla musica del suo protagonista, che riempie ogni scena senza soluzione di continuità.

La musica e i ricordi. Per sottolineare la gravità della storia di un uomo morto troppo giovane, nel pieno della sua carriera, Gachot opta per ritrarre i suoi personaggi in una elegante fotografia in bianco e nero, che diventa quasi un prolungamento delle tante immagini di repertorio proposte. Dalle voci degli intervistati, in particolare, emergono anche gli aspetti di una vita personale molto travagliata che ha lasciato strascichi ancora irrisolti. Questo documentario diventa così un modo per queste persone di fare pace con il proprio passato e riportare colore in un mondo oscurato dalla morte della persona che più amavano e stimavano. D’altronde, quando l’immaginazione di Erroll Garner correva libera, il pianoforte non era uno strumento, ma “un grande arcobaleno di colori”.

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25 Febbraio 2025

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