La 9a edizione del Festival del Cinema Europeo di Lecce dedica a Michele Placido una rassegna dei film più importanti della sua carriera di attore e regista in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale: da Marcia trionfale (1976) a L’odore del sangue (2004). In programma anche una mostra di fotografie in collaborazione con l’Archivio della Fototeca e il libro “Michele Placido-Un viaggio chiamato attore” a cura di Massimo Causo e Fabrizio Corallo, edito da Besa Editore, che verrà presentato a Lecce il 20 aprile.
Il volume si compone di un saggio di Oscar Iarussi, della filmografia e di una lunga intervista realizzata dagli autori. Di quest’ultima pubblichiamo un estratto in cui Placido parla de Il grande sogno, le cui riprese cominceranno a giugno. Nel cast del film da lui diretto troviamo Riccardo Scamarcio/Nicola il poliziotto, Luca Argentero/Libero il leader sessantottino, Jasmine Trinca/Laura la studentessa cattolica e Margherita Buy e Massimo Popolizio nei panni dei genitori di Laura. A produrre l’opera è la Taodue di Pietro Valsecchi e Camilla Nesbitt.
Ora sta lavorando al suo nuovo film, “Il grande sogno”, che cosa racconterà?
In sintesi, racconteremo il ’68, con due giovani protagonisti e due luoghi-simbolo in cui si sviluppano diverse esistenze: una caserma di polizia e l’Università di Roma, in particolare la Facoltà di Architettura. Da questi edifici entreranno ed usciranno le vite di varie persone, che si incontreranno, si scontreranno e daranno vita a quel movimento ideale destinato a diventare epocale. Abbiamo lavorato su vicende biografiche reali, vissute sia da me che, in parte, dallo sceneggiatore, Angelo Pasquini, ma anche su storie “orecchiate” qua e là, ad esempio dal maestro Nicola Piovani e da diverse persone e artisti che a quell’epoca erano dei ragazzi che sognavano un mondo migliore, oltre che fare cinema e dedicarsi all’arte.
La nostra storia non parla di un ’68 circoscritto, se il tema fosse solamente questo verrebbe fuori un film stupido o soltanto nostalgico. Aspira semmai ad aprire varie finestre sul mondo attraverso le vicende di alcuni giovani, primo tra tutti il personaggio ispirato in parte alla mia vera esperienza, che sarà interpretato da Riccardo Scamarcio: il ’68 ha una notevole valenza storica, soprattutto per i risultati ed i risvolti drammatici di eventi che accaddero ad esempio alle Olimpiadi di Città del Messico, dove, qualche giorno dopo il massacro di centinaia di studenti universitari da parte della polizia locale, l’atleta nero americano Smith vinse l’oro nei duecento metri e salutò sul podio col pugno chiuso alzato, dando vita ad un primo grande gesto “rivoluzionario”.
E poi penso all’assassinio del leader nero americano Martin Luther King, alla cosiddetta Primavera di Praga con la ribellione all’invasione sovietica della Cecoslovacchia, o al celebre Maggio francese: queste immagini di ribellione, dolore e protesta arrivano da tutto il mondo ai nostri protagonisti, che vivono un evento al confronto meno eclatante, ovvero il nostro ’68, con l’occupazione della facoltà di Architettura di Roma, a Valle Giulia, ed i relativi scontri tra poliziotti e studenti, che ispirarono la celebre poesia di Pier Paolo Pasolini che si schierò dalla parte dei poliziotti proletari e non da quella dei giovani borghesi considerati dei privilegiati “figli di papà”…
Per Il grande sogno ho fatto delle ricerche su quel periodo, ho raccolto tantissimo materiale, mi sono documentato approfonditamente. Ma non è questo che conta, ciò che è importante è che, in un film, quando metti insieme le varie componenti del racconto, nell’innesto tra la parte documentaria e quella fiction deve scattare un meccanismo che sappia tenere insieme i due fattori nella prospettiva del personaggio.
In questi giorni stiamo discutendo molto con gli sceneggiatori Doriana Leondeff e Angelo Pasquini su come usare questo materiale in funzione narrativa rispetto al film, ma secondo me non è questo il punto: bisogna piuttosto ragionare su come usare questo materiale rispetto alla funzione narrativa dei personaggi, sono loro che devono essere toccati e attraversati dalle notizie che arrivano dal mondo, trasformati dagli eventi.
Se mentre Antonio litiga con un suo amico arriva la notizia che in America hanno ammazzato Martin Luther King, questa notizia non potrà non cambiare profondamente il personaggio& A questo mi servono gli elementi storici, è un po’ come in Romanzo criminale, dove la strage di Bologna sono stato io a volercela mettere, mica era prevista nella sceneggiatura.
Nei suoi film, in effetti, i personaggi non sono solo delle figure drammatiche, ma hanno anche un sostrato psicologico che attiene alla Storia e alla Realtà, qualcosa che va al di là di ciò che raccontano direttamente e appartiene al loro universo. Questo potrebbe dipendere dal fatto che lei arriva ad essere regista e autore partendo dall’esperienza di attore.
I personaggi vivono in funzione di quello che hanno visto e vissuto, se Amleto ha visto il fantasma del padre, quella sarà l’origine del trauma, lo spingerà ad azioni straordinarie. È come in teatro, quando costruiamo i personaggi: se sei testimone diretto di qualcosa, poi la vivi in modo diverso rispetto agli altri che non vengono toccati. Ne Il grande sogno, per esempio, non faccio altro che raccomandarmi con Angelo Pasquini di tenere insieme la Storia e i personaggi. Per esempio c’è una scena in cui il personaggio del poliziotto interpretato da Riccardo Scamarcio sentirà la notizia della morte di Che Guevara e questo diventa dunque una sorta di “altro protagonista” del film, che con la sua morte, da un punto di vista psicologico, lascia qualcosa in eredità al alcuni ragazzi a lui contemporanei.
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