“Non sono Francesco Rosi, ma un bravo professionista e il produttore Fabio Conversi mi ha chiamato per mettere in scena un copione di due giovani sceneggiatori d’oltralpe. La Francia ha molto amato il mio Romanzo criminale“. Michele Placido, per un volta niente affatto sopra le righe, è perfettamente a suo agio nel ruolo di metteur en scene. Al Festival di Roma, fuori concorso, porta Le guetteur che in Italia uscirà con 01 nel 2013 e in Francia ha fatto 400mila spettatori. E’ un polar in piena regola, omaggio alla grande tradizione recentemente rinverdita da Olivier Marchal, ma dove spunta fuori un personaggio più contemporaneo, un serial killer sadico che se la prende con giovani donne, tra cui l’ex amante e avvocatessa del protagonista, tiratore scelto formato dall’esercito regolare e poi passato alla criminalità. Amicizie, amori, rivalità, vendette e un poliziotto che ha perso un figlio in Afghanistan in circostanze poco chiare sono gli ingredienti della gangster story con supercast: Mathieu Kassovitz, Daniel Auteuil, Olivier Gourmet e i nostri Luca Argentero e Violante Placido. Mentre la fotografia, molto intonata alle atmosfere, è di Arnaldo Catinari. Il cecchino, costato 14 milioni di euro, realizzato con una grande coproduzione italo-francese che coinvolge Rai Cinema, è stato venduto in 22 paesi.
Placido, quali sono i suoi polar preferiti?
I senza nome di Melville, sicuramente, che raggiunge alte vette autoriali. Più di recente 36 Quai des Orfèvres e gli altri di Olivier Marchal, che ha reso omaggio a Romanzo criminale con il suo ultimo film La gang dei lionesi ancora inedito in Italia. In Porto delle nebbie ho amato immensamente Jean Gabin quando ero ragazzino. Dei polar francesi mi piacevano i volti di attori come Lino Ventura, Alain Delon e appunto Gabin. I poliziotteschi italiani, invece, mi hanno influenzato meno.
Espatriare per dirigere un film è una necessità o un piacere?
Non è che non voglio lavorare in Italia, ci sono progetti che mi affascinano tantissimo nella cronaca politica e giudiziaria del nostro paese, soprattutto i rapporti mafia-Stato. Vorrei fare un film sulla figura di Dell’Ultri, gli americani l’avrebbero già fatto. Credo che ci sia una sorta di autocensura da parte degli autori. Ma ci si tornerà entro qualche anno, saranno i giovani a farlo e anche meglio di noi, perché sono più arrabbiati di noi che siamo un po’ seduti sulle cose. Però dobbiamo fare uno sforzo tutti, anche il nuovo governo. Magari mettere a disposizione del cinema 30 mln di euro per raccontare la storia civile degli ultimi vent’anni.
Cosa la intriga in particolare nella figura di Marcello Dell’Utri?
Non è tanto lui quanto la possibilità di riflettere su uno dei personaggi messi sotto osservazione dai giudici. Persone che sono entrate in Parlamento eppure sono tacciate di corruzione e di legami con la mafia. Per noi che siamo stati educati da Rosi e da Petri è un dovere riprendere in mano quel tipo di cinema civile.
Come ci vedono i francesi?
Ci amano, amano Moretti, Garrone e Sorrentino, e ci invidiano gli attori: Favino, Accorsi, Monica Bellucci. Ma questo avveniva già ai tempi di Melville, che aveva chiamato Volontè nei Senza nome.
Sembra essere affascinato dai criminali, dalla banda della Magliana a Vallanzasca ai rapinatori di banche di questo film.
La sceneggiatura non l’ho scritta io, comunque sì, la parte oscura mi affascina, i personaggi negativi spiegano com’è l’essere umano, come ci insegna Shakespeare. Il noir è per certi versi più aderente alla realtà della commedia. E poi non è vero che i gangster abbiano facce lombrosiane, anzi, spesso sono belli davvero, come Vallanzasca.
Nel “Cecchino” un reduce dalla guerra in Afghanistan è diventato un criminale. E’ uno spunto di cronaca reale?
In molti reduci esplode la violenza contro le banche che oggi sono mal viste e ci sono stati frequenti assalti portati avanti da bande di ex militari.
Il suo nuovo progetto è ancora francese?
Sì, ho in cantiere una storia d’amore tratta da una commedia di Pirandello L’innesto, del 1917, ambientata però ai giorni nostri a Lione. E’ la storia di una moglie che rimane incinta in seguito a una violenza subìta e decide di tenere il bambino e di farlo accettare al marito con le conseguenze che potete immaginare. La protagonista potrebbe essere Bérénice Bejo, l’attrice di The Artist.
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