PESCARA – Il Direttore Editoriale di Sergio Bonelli Editore Michele Masiero è a Cartoons on the Bay per consegnare il premio Bonelli a Francesco Tullio Altan. Ne approfittiamo per fare quattro chiacchiere con lui sui prossimi progetti della casa editrice, a partire da quelli che riguardano il cinema e l’audiovisivo, senza dimenticare la nuova curatela di ‘Dylan Dog’ a opera di Barbara Baraldi.
Dampyr è uscito da qualche mese. Come procede il Bonelli Cinematic Universe? Che strategie state adottando?
Devo dire che ‘Cinematic Universe’ è un termine forse un po’ improprio, che comunque abbiamo usato noi per primi, per fare un po’ il verso agli americani. I personaggi dei fumetti Bonelli sono per lo più autonomi, è una nostra caratteristica. Ci piace comunque l’idea di intrecciare le loro strade, cercando di farlo in modo creativo. A Dampyr abbiamo lavorato tantissimo, prima della pandemia, che però ha picchiato duro, soprattutto sulle sale.
Eppure avete tenuto il punto. Il film è andato in sala.
Sì, ci tenevamo che fosse visto al cinema. Anche per il lavoro che ha rappresentato, ad esempio per quanto riguarda gli effetti digitali, che hanno valso al film la nomination ai David di Donatello, un riconoscimento per le capacità dei giovani che se ne sono occupati. Una crescita importante di cui siamo contenti.
Dunque, era solo un primo tassello, giusto?
Siamo partiti da un personaggio non particolarmente conosciuto ma che rappresenta bene le nostre intenzioni. Siamo stati riconoscibili per decenni nel mondo della carta stampata e ora cerchiamo di portare la nostra riconoscibilità anche su altri media. Dello stesso percorso fa parte la serie animata di Dragonero, in coproduzione con Rai.
Ce ne parli, per favore. Quanto è simile al fumetto originale?
Dipende cosa si intende. Anche fumettisticamente parlando, Dragonero ha più incarnazioni. C’è quella classica, poi una versione più adulta destinata ai volumi cartonati da libreria, e infine una versione più ‘Young’, che è quella a cui si ispira la serie. Anche in questo caso c’è stato un lavoro lungo e certosino con i creatori della serie, Luca Enoch e Stefano Vietti, lavorando con professionalità interne come Mauro Uzzeo e Giovanni Masi che si sono occupati della sceneggiature, coordinati da Vincenzo Sarno, responsabile dell’Ufficio Sviluppo.
Invece la serie su Dylan Dog? E’ stata annunciata ormai da parecchio tempo…
E’ vero. Dovevamo trovare i partner giusti a livello di scrittura e la stiamo sviluppando con Atomic Monster di James Wan. Dobbiamo stare anche ai suoi tempi. Ha avuto delle lungaggini per il suo Aquaman.
Ci dica, per favore, che sarà più fedele al fumetto del film di Kevin Munroe del 2011…
Lo sarà. Ci stiamo lavorando insieme, siamo molto più determinanti in questo caso, sia produttivamente che a livello di scrittura, e direttamente coinvolti nella stanza dei bottoni. Sarà una trasposizione esatta delle storie del fumetto. Abbiamo materiale meraviglioso e non c’è veramente alcuno motivo per non usarlo. Stiamo entrando in una fase operativa e ci stiamo muovendo per il casting.
A proposito di Dylan, da poco è stato annunciato il nome della nuova curatrice, Barbara Baraldi. Secondo lei cosa porterà di nuovo al personaggio, e come si muoverà rispetto al precedente curatore?
Dal giorno in cui l’abbiamo annunciata si è messa subito al lavoro con grande energia. Oltre ad essere un’ottima sceneggiatrice sa anche gestire molto bene il lavoro di team. La curatela di Roberto Recchioni, per volontà dello stesso Tiziano Sclavi, creatore del personaggio, aveva il compito di dare una scossa, in un momento in cui Dylan sembrava appiattirsi in maniera uniforme. Abbiamo cercato di creare un piccolo terremoto. L’esigenza ora è diversa. Si vuole tornare alle origini, che significa tutto e niente, ma chiaramente con un’ottica rivolta alle narrazioni di stampo moderno, senza inseguire necessariamente il momento. Dylan non è un instant comic. Per fare altro, si era comprensibilmente perso un po’ il piano originale, quindi ci piace l’idea di riportarlo lì. Barbara ha molto insistito sull’horror, ha un’idea precisa e convincente, e noi con lei siamo convinti che saprà portare alla serie entusiasmo, come del resto sta già facendo.
Ci parli del premio Bonelli, come nasce?
Un anno fa, per volontà di Roberto Genovesi che ce lo ha proposto. Abbiamo aderito con gioia, perché ci piace l’idea di ricordare Sergio Bonelli con un premio che racchiudesse il suo percorso umano e professionale. E’ cresciuto tra i fumetti e questo lo ha reso importante, si è circondato di grandi professionalità e ha trasformato un’azienda a conduzione familiare in un polo d’industria fondamentale del settore culturale. Ha creato personaggi che hanno fatto la storia e sono entrati nel costume del nostro paese. Il premio ci dà inoltre la possibilità di unire tutto questo alla contaminazione con altri media che si fa sempre più evidente. Ci sono figure che passano dal fumetto ad altro senza soluzione di continuità. L’anno scorso il premio è andato a Zerocalcare e Garlos Grangel, capaci di costruire mondi meravigliosi tra fumetto e animazione. Quest’anno va ad Altan, che non ha nemmeno bisogno di troppe presentazioni, anche lui rappresentante di tanti mondi concentrati che si incontrano.
Cosa ci dobbiamo aspettare dall’audiovisivo Bonelli nell’immediato futuro?
Stiamo lavorando a vari progetti, in alcuni casi anche in contemporanea con fumetto e animazione. Parlo sia di nuove storie che di personaggi magari minori, come quelli della linea Audace, che di altri più famosi. Abbiamo in ballo grandi professionalità del cinema italiano e presto le annunceremo. Non vedo l’ora di poter dire di più. Foto: Maurizio D’Avanzo
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