“Sull’Articolo 28 esistevano solo studi frammentari, nulla di completo e di convincente. Con questo ‘Catalogo generale dei film finanziati con la legge 1213 del 1965’ abbiamo riaffrontato in modo puntuale tutta la materia, facendo un’operazione di grande trasparenza”. Così il presidente di Cinecittà Diritti Michele Lo Foco anticipa il volume che verrà presentato alla Casa del Cinema di Roma lunedì 27 marzo (ore 12.30 sala Kodak), con interventi di: Lo Foco, Gaetano Blandini dg della direzione Cinema, Alessandro Usai dg di Cinecittà Holding e Francesco Ventura dirigente del Servizio Secondo Produzioni e Distribuzioni Cinematografiche del ministero per i Beni e le Attività culturali.
Il catalogo curato da Cinecittà Diritti, con la collaborazione del Centro Sperimentale di Cinematografia e per conto del MBAC, è così articolato: innanzitutto la normativa che ha regolato il finanziamento delle opere prime e seconde dal 1965 ad oggi; un elenco completo delle opere realizzate con una sintetica scheda per ogni film; un elenco dei film in rapporto agli esiti e alla restituzione del finanziamento ricevuto; un rendiconto sugli esiti della diffusione dei film; un elenco dei registi e delle società di produzione che hanno utilizzato i finanziamenti.
Quali gli obiettivi di questo Catalogo?
Siamo partiti dalla più antica agevolazione statale per il nostro cinema, l’Articolo 28, e abbiamo riordinato tutto il materiale pazientemente raccolto con due finalità precise. La prima più generale, cioè avere un testo definitivo che potesse fare chiarezza sull’intera materia. La seconda riferita ad alcune azioni più strettamente tecniche di Cinecittà Diritti: procedere a recuperi di ricavi non ottenuti dallo Stato o trattenuti da altri soggetti, ricercare nuovi ricavi attraverso le forme esistenti di sfruttamento o crearne di nuove. Non dimentichiamo che circa 360 film sono di patrimonio dello Stato e Cinecittà Diritti proseguirà nel recupero artistico e finanziario di quanto questi film possono offrire.
Che cosa emerge da questo consuntivo dopo 30 anni di sovvenzioni pubbliche?
L’Articolo 28 è stato un’idea sostanzialmente sana, la cui applicazione è stata però distorta. Insomma i risultati finali non erano quelli previsti, ma il libro non giudica questi risultati. L’esplicitazione e la catalogazione delle cifre consente a tutti di farsi un’opinione: critici, storici e tecnici del cinema potranno tirare le somme.
Non c’è il rischio che di fronte a questi numeri tornino le annose polemiche sul cinema finanziato dallo Stato?
Nascondere i dati non aiuta a comprendere gli errori commessi. Si pensi che sul totale di 484 film finanziati con l’Articolo 28, solo circa il 10% hanno estinto il finanziamento con mezzi propri. E’ sano allora vedere il risultato di tanto impegno dello Stato e se il consuntivo non soddisfa, o la legge è sbagliata o è stata male applicata. Alla fine si ha davanti un affresco di quell’agevolazione che nell’anno ’96 fu messa sotto indagine dalla magistratura. All’epoca si parlò di un danno erariale per lo Stato di 140 miliardi di vecchie lire.
Alla fine quale il dato positivo?
L’aver accompagnato la produzione di opere prime e seconde ha consentito di far conoscere e individuare alcune capacità che si sono poi confermate negli anni successivi, per citarne alcuni: Martone, Moretti, Bertolucci, Salvatores, Giordana, i fratelli Taviani.
E il dato negativo?
La grande mole di titoli di nessun valore o la ripetitività dei finanziamenti intorno ad alcuni nomi rimasti sconosciuti o a film senza valore artistico e consenso di pubblico. Si pensi, ad esempio, che circa il 20 % non risulta distribuito in nessun canale.
E lo possiamo considerare un vademecum per il futuro?
Certo, lo stesso atto dovrebbe essere compiuto con i Fondi garanzia e infatti un lavoro simile l’abbiamo cominciato per il periodo 1994/2004, durante il quale sono stati realizzati non meno di 500/600 film per circa 1000 miliardi.
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