“Nanni Moretti sarebbe un ottimo ministro della Cultura perché ha gusto, capacità, fantasia e rigore, io invece sono troppo pigro”. Lo afferma Michele Placido durante l’incontro stampa del suo nuovo film da regista, Il cecchino, un polar girato in Francia con due star come Daniel Auteuil e Mathieu Kassovitz protagonisti, accanto agli italiani Luca Argentero e Violante Placido, che sarà distribuito da 01 dal 1° maggio. A dire il vero Placido parla soprattutto di politica, intrecciando l’argomento, che tanto gli sta a cuore, con i destini di un cinema italiano sempre più in crisi. “In Italia c’è povertà di idee e di mezzi, francesi e spagnoli stanno meglio di noi. Dovrebbero essere i 100autori a proporre nel nostro Paese di fare qualcosa come è stato per il Valle occupato. E’ mai possibile che dell’attuale ministro della Cultura Lorenzo Ornaghi non si sappia nulla? E’ come invisibile, io non sapevo neppure se fosse maschio o femmina. Certo, quando c’era Bondi era peggio, un disastro completo, ma speravamo che Monti avrebbe portato un vero tecnico”. Va a ruota libera sui temi dell’attualità: “Spero che Napolitano, che è un uomo colto, il nostro presidentissimo, vigili sul prossimo ministro della cultura. Abbiamo tante persone capaci. Ogni tanto ci vogliono dei colpi di genio e Moretti sarebbe uno di questi”.
In Francia ha avuto un certo successo, con 400mila spettatori, Le guetteur, da noi Il cecchino. Nato da un’idea del produttore Fabio Conversi, l’uomo che ha contribuito oltralpe, sia come produttore che come distributore, al successo di tante nostre opere, tra cui Romanzo criminale. “E’ il film italiano che ha più colpito il pubblico francese – dice Conversi – e siccome gli sceneggiatori del Cecchino facevano continuamente riferimento a quell’opera, è stato naturale proporla a Placido”.
Per l’attore-regista di Ascoli Satriano è stata l’occasione per allontanarsi dal nostro paese, “dove il cinema di genere è negato e la vita per gli autori è ormai davvero difficile”. Spiega: “Se ci fosse la possibilità di altre avventure in Francia non esiterei a dire sì, anzi vorrei essere il battistrada per altri registi, come per esempio Marco Bellocchio. È il momento di fare film non italo-francesi, ma europei, con storie che mescolano attori e personaggi italiani e francesi”. Poi spara a zero sull’amara patria. “In Italia c’è povertà di idee e di mezzi. Bisogna dirlo con forza. Ci sono troppi incapaci in circolazione a partire dai ministri, Ornaghi è stato talmente invisibile che credevo fosse una donna. Questi non sanno nulla di cinema. Ecco, quando è arrivato Monti, pensavo che avrebbe scelto un tecnico, ma non è stato così”. Torna a parlare di cinema, per lamentare la scomparsa di quello civile. “C’è un’autocensura fortissima. Ricordo ai tempi del mio Vallanzasca, che fu accusato di parlare con ammirazione di un criminale. Tra tutti, solo Grillo mi difese, anche se ora me ne tengo a distanza. E io dicevo già allora: in Parlamento c’è di peggio, altro che Vallanzasca. Oggi ci sono persone che hanno tradito la fiducia dei cittadini”. Non vuole dire di più. Insiste invece sul tema della cultura: “Mi piacerebbe che ci fosse un sindacato del cinema veramente agguerrito, dovremmo occupare i ministeri, le sedi Rai. In modo pacifico ma fermo. La spinta può venire dal Pd, dai Fratelli d’Italia, da chiunque, anche se i nostri politici sono i più ignoranti d’Europa”.
In futuro per lui ci sono due progetti che gli stanno a cuore ed entrambi francesi. Uno molto personale, Le choix, tratto dalla novella L’innesto di Pirandello, storia di una moglie che rimane incinta dopo una violenza sessuale e decide di tenere il bambino. Protagonista non Bérenice Bejo, come Placido aveva pensato in un primo tempo, ma un’altra attrice francese importante. Poi il remake di un film di genere, Il clan dei siciliani con Jean Gabin. “Un erede di quel grandissimo attore? Si può trovare sia qui che laggiù”.
In attesa di concretizzare questi grandi progetti, a metà giugno girerà Prima di andar via con i ragazzi del teatro Argot: ”Una metafora dell’Italia di oggi che si disgrega. E’ un’autoproduzione, io metto la mia esperienza per questi ragazzi, ma insieme ne sfrutto le energie: bisogna ricostruire dalle macerie della nostra cultura, sulla scia del neorealismo”. Accantonato invece, per ora, il progetto su Marcello Dell’Utri e la trattativa Stato-mafia: ”Non si può fare, e col nuovo governo sarà ancora più difficile, sebbene la storia sia su tutti i giornali e manco serva la sceneggiatura”.
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