Michel Ocelot


KirikouA sette anni dal precedente Kirikù e la strega Karabà il maestro dell’animazione francese che ha saputo tener testa ai blockbuster family americani, ha presentato a Cannes in un’anteprima speciale dedicata ai bambini Kirikù e le bestie feroci. La seconda delle avventure africane del simpatico bambino, in uscita a dicembre 2005 in Francia in 160 copie, arriverà presto in Italia. Intanto Michel Ocelot ha già in preparazione Azur et Asmar, la storia di un’amicizia fra due bambini, uno musulmano e l’altro cristiano.

 

 

Lei gode di una grande fama in Francia, è quasi come J.K. Rowling in Inghilterra. Come riesce a gestire tutto questo successo?
Il successo è qualcosa di molto limitato, che come inizia può anche finire. Il successo non dura più di due ore. Oggi posso andare dove voglio e nessuno mi riconoscerebbe.

 

Il mondo dell’animazione va in una direzione, ma lei ne ha scelta un’altra, molto più artistica e tradizionale.
Non sono coraggioso, ma solo onesto e forse un po’ ingenuo. Quello che mi interessa è fare un buon lavoro, non sono un calcolatore. Mi sento a posto solo se ho potuto fare il meglio di ciò che sento.

KirikouCosa ne pensa della computer animation e dell’uso del 3D nei cartoon?
Non è assolutamente un problema per me, è solo un modo diverso di lavorare, sono mezzi. Io ho scelto di lavorare in maniera tradizionale da quando ho avuto l’idea per Kirikou, sette anni fa. Avendo un soggetto e delle storie semplici, ho anche voluto utilizzare dei metodi d’animazione semplici.

L’animazione in questo momento privilegia la ricerca tecnologica. Invece lei sembra dare una grande importanza alla storia…
La storia è la prima cosa, la più importante. Jean Gabin diceva che per fare un buon film avevi bisogno di tre elementi. 1) Una buona storia; 2) Una buona storia; 3) Una buona storia. Se poi metti qualcosa di bello intorno alla storia, tanto meglio.

A proposito di ciò che sta intorno, come ha scelto le location, gli sfondi?
Volevo mostrare la bellezza dell’Africa perché quando ero piccolo sono andato a scuola in Africa Nera. Quindi mostrarne la bellezza era la cosa che volevo di più. Volevo mostrare come la gente fosse bella e normale, come si dedicasse ad attività quotidiane semplici, dei piani che fanno, ecc.

All’inizio della presentazione ha mostrato un pezzetto in molte lingue…
Sì, perché mi ha fatto molto piacere confrontare la resa nei vari idiomi. Mi piace seguire il doppiaggio straniero.

Che ruolo gioca la musica nel film?
La musica per gli africani è molto importante. Era fondamentale per me avere un artista africano per la composizione del soundtrack: in un film che parla dell’Africa la musica doveva essere africana. Anche le due voci dei dialoghi in francese appartengono a due africani.

Tra Kirikou e la strega Karabà c’è inimicizia ma anche ammirazione. In questo secondo film ad esempio dice che è molto bella…
Lei è una conseguenza di come una società maschile riduce una donna diversa dalle altre. Non la vedo come una strega cattiva davvero, ma come una donna che si prende cura di sé, si difende con tutti i mezzi che ha. Io credo che in tutte le culture le streghe siano state così: sono sempre state donne semplici che si comportavano in un modo aggressivo per potersi difendere dall’opinione comune.

Kirikou ha un particolarissimo senso dell’umorismo. È molto furbo e in alcuni tratti è un bambino davvero divertente. Cosa le ispira questo humour?
Mi viene fuori naturale, non è qualcosa che cerco, ma qualcosa che trovo, per citare una frase di Picasso. È la vita. La vita a volte sa anche essere molto divertente.

 

vedi anche:

Kirikou, la Croisette dei bambini

VIDEO – Anteprima di Kirikou et le Fétiche Egaré

autore
14 Maggio 2005

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