CATANZARO – “Dico subito che uno dei miei film preferiti in assoluto è I soliti ignoti“.
Al Magna Graecia Film Festival sfoggia un italiano fluente nonostante l’accento british Michael Radford, regista de Il postino e Orwell 1984. “Mi sento bene qui in Italia, sono stato in diversi Paesi nel mondo, ma qui mi sono sempre sentito accolto”.
Inizia il suo incontro con la stampa ricordando le genesi del film di cui è protagonista Massimo Troisi: “Cercavo un attore napoletano e un mio amico mi fece il suo nome. Gli scrissi una lettera, mi rispose che non sarebbe mai venuto da me in Scozia perché faceva troppo freddo. Arrivò a Londra con la sua ragazza del momento, mi disse che avremmo potuto fare un film come il mio precedente, Another Time e Another Place, ma a Napoli. Gli risposi che a Napoli faceva troppo caldo. Così siamo diventati amici”. Di più, iniziarono a scrivere il film-culto: “Mi chiese lui di scriverlo insieme. Fu un grande piacere, lo scrivemmo sulla spiaggia di Santa Monica. Fu Massimo a chiedermi di andare a Los Angeles, perché nessuno lì lo conosceva e potevamo lavorare tranquilli. Mi portò il romanzo Ardiente paciencia del cileno Antonio Skármeta, un grande della letteratura sudamericana. Era la storia di un ragazzo che voleva essere il postino di Pablo Neruda. Intravidi la possibilità di fare il film, non in Cile ma a Napoli, dove interessava a Massimo. Il postino per me sarà sempre lui”.
Il rapporto professionale si è presto evoluto in personale: “Massimo era perfetto nel ruolo sin dai primi momenti e ha fugato da subito ogni mio dubbio a riguardo. Siamo diventati amici, ricorderò sempre il suo umorismo. Ancora non sapevo che fosse molto malato. Poche persone nella vita mi hanno fatto ridere come lui”. Maria Grazia Cucinotta era solo una ragazza quando fu coinvolta nel film: “La sua fisicità mi colpì subito, mi pareva troppo bella per diventare una grande attrice di cinema. Quando poi l’ho conosciuta ho trovato un’attrice con poca esperienza ma intelligente e di cuore. È diventata un’amica negli anni, la ritengo una diva al pari delle star di Hollywood degli Anni ’40; ricordo che a Los Angeles, durante la notte degli Oscar, scese dalla macchina e c’era una gran folla ad applaudirla”.
Philippe Noiret “lo scelsi perché era il sosia di Pablo Neruda. Incredibile la sua somiglianza con il poeta. Era un attore gigantesco“.
Radford ricorda anche la sua esperienza di Orwell 1984: “È stato il mio primo vero film, John Hurt ha incarnato benissimo la mia idea di eroe sul totalitarismo. Ho scelto come antagonista Richard Burton, che ai tempi aveva difficoltà a lavorare causa alcolismo, ma era grande”.
Sul suo prossimo progetto anticipa: “Ho scritto un film su Vivien Leigh, si chiamerà Vivien e potrebbe anche diventare una serie di quattro puntate. L’ho scritto durante la pandemia nella casa di campagna vicino Londra, insieme a Isabelle Sabelman, la sceneggiatrice de La vie en Rose, esperta di biopic femminile”. Radford non ha ancora idee sulla protagonista: “Ci sono molte attrici brave, ma non hanno la giusta età”. Il film verterà principalmente su due aspetti: “La sua storia con Lawrence Olivier e il fatto che fosse bipolare, e quanto questo abbia condizionato la vita e la carriera”.
La gestione progettuale della rassegna, in programma dal 3 all'8 giugno 2025, è affidata ad Annarita Borelli
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