Meryl Streep: “La Thatcher? Era femminista”


BERLINO – È una vera Lady ma tutt’altro che di ferro. La dolcissima Meryl Streep, che sta facendo incetta di premi, non è avara di sorrisi e gentilezza. Ha appena ricevuto a Londra il Bafta, perdendo la scarpetta come Cenerentola mentre saliva sul palco dell’Oscar britannico, e subito si presenta a Berlino, elegante e discreta in uno chemisier di seta blu cobalto, gli occhiali da vista, un mazzo di fiori variopinti a cui quasi subito si aggiungono le rose bianche che un giornalista le porge, baciandola sulle guance sotto lo sguardo seccato di un severo bodyguard. Ma lei sorride, anzi ride. E ancora di più quando un altro giornalista, stavolta ucraino, le fa recapitare una matrioska che ha le sue fattezze e contiene altre due piccole Meryl: una in versione Thatcher e l’altra in stile Il diavolo veste Prada. Del resto tra poco più di una settimana potrebbe arrivarle anche il terzo Oscar, dopo Kramer contro Kramer e La scelta di Sophie e ben 16 candidature. Sempre per The Iron Lady, naturalmente. La regista Phyllida Lloyd è al suo fianco qui a Berlino, dove il film viene riproposto al pubblico, insieme al bravissimo attore britannico Jim Broadbent, tenero principe consorte sempre vicino alla potentissima Thatcher. Anche dopo la morte. Accolta da un lungo e sentito applauso in conferenza stampa, l’attrice, che rivela un verve comica, parla soprattutto di questa sua ultima interpretazione, straordinaria non solo per trasformismo e identificazione, ma soprattutto perché sotto il trucco e gli abiti si sente davvero palpitare il cuore ferito di una donna che, arrivata al vertice assoluto in un mondo di soli uomini, si ritrova da sola, ormai vecchia e malata, incapace di accettare la morte del marito Denis e la fine del suo percorso. Come dice la regista: “Non ho voluto umanizzare un mostro, piuttosto mi interessava il tema del potere e della sua perdita. Ma volevo che la sua vita fosse come la nostra, che al centro del film ci fosse una donna vecchia. Siamo stati molto criticati perché per la mia generazione, per chi ha vissuto in Gran Bretagna negli anni ’80, le idee della Thatcher prevalgono su tutto, ed è quasi impossibile non farne un mostro o viceversa una santa che ha salvato la patria”.

Come ci si sente a vincere così tanti premi, è ancora emozionante?

Si, sono ancora scioccata per il Golden Globe. E per il Bafta ho ancora le farfalle nello stomaco. È strano vincere, ti fa sentire un po’ come uno sportivo. Ma bisogna conservare la la paura che è una specie di carburante. Se non hai paura, come essere umano, vuol dire che hai dei problemi.

Qual è la cosa più difficile del suo lavoro?
Quando fai qualcosa che ti piace, niente è difficile. Difficile è lavorare con gli effetti speciali.

 

Come ha fatto a rendere così reale il mondo della Thatcher?
È stata Phyllida a renderlo reale, anche nella parte nascosta della vita di Margaret. Il trucco, certo, era straordinario, ma sono soprattutto gli altri attori che ti danno credibilità quando ti guardano negli occhi.

Cosa ha imparato da questo ruolo?
Molte cose che mi hanno sorpreso. Avevo un pessimo concetto di lei: pensavo che fosse un’amica di Reagan e che avesse dei capelli orribili. È il classico modo in cui le donne si giudicano tra loro. Adesso invece la considero sì una donna autoritaria, che si è macchiata le mani di sangue e ha fatto scelte sbagliate, ma con delle forti convinzioni. Tra l’altro potrei dire che era femminista. Anche se non lo dava a vedere, ha spianato la strada al femminismo e lo ha fatto dentro un partito come quello conservatore che aveva idee limitate in fatto di religione, classi sociali e rispetto alle donne. All’epoca era inconcepibile che una donna potesse diventare primo ministro o amministratore delegato. Allora le donne erano infermiere e professoresse, non stavano ai posti di comando.

 

Sembra che le piacciano particolarmente le donne potenti, da Miranda a Margaret.
Mi piacciono tutti i tipi di ruoli, anche quelli divertenti. Anzi mi piacerebbe farne di più di commedie. Mi interessano tutte le donne, soprattutto quelle che non si lasciano spiegare e incasellare facilmente.

Come ha fatto a convivere con un personaggio così enorme come Maggie Thatcher?
Alla fine di ogni giornata di riprese la regista mi portava un gin tonic… Scherzo… Un aspetto molto delicato e difficile è il fatto che Margaret Thatcher è ancora viva e di questo bisognava tenere conto.

Cosa pensa francamente delle sue idee politiche?
Quando un attore fa un personaggio, non lo giudica mai, altrimenti è perduto. E poi il film non parla delle sue idee politiche, ma della sua vita quotidiana.

Cosa comporta la popolarità?
Per esempio, ci sono quattro musei d’arte a Berlino che vorrei visitare e non ci posso andare. Perché se guardo un’opera d’arte, ci sono dieci persone che guardano me. È lo show business. Il lato buono è che hai tempo libero tra un film e l’altro e puoi fare la mamma.

Lei è sposata da più di 30 anni. Qual è il segreto del suo matrimonio?
Non ci sono segreti. Diciamo che bisogna saper perdonare.

 

Cosa la attira in un progetto?
C’è qualcosa che mi risuona quando leggo una sceneggiatura che mi piace. È stato così con La scelta di Sofia. Quando avevo 10 anni, mia madre mi lasciò in una biblioteca, mentre pioveva, e in un libro vidi una catasta di corpi. È stata la prima cosa che ho appreso sull’Olocausto. Le scarpe di quelle persone sembravano come quelle di mie madre e mi chiedevo come era potuta accadere una cosa così atroce ai nostri tempi.

 

Che effetto le fa vincere l’Orso alla carriera?
Sono molto onorata. Sono cresciuta nel New Jersey, in una cittadina di 5.000 persone, non avrei mai immaginato di salire sul palco di un festival così prestigioso e lontano da casa per prendere un premio così importante.

Ci sono attrici che considera al suo livello?
Ce ne sono almeno duecento… Devo dire che oggi il livello della recitazione è molto più elevato: profondo, coraggioso, avventuroso e preciso. Questo poi è un anno magnifico, per le donne specialmente. Olivia Colman, che recita in The Iron Lady, ha fatto un film straordinario, Tyrannosaur, visto da poche persone. Dovreste parlarne voi, è compito vostro segnalare i piccoli film che lo meritano.

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14 Febbraio 2012

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