Mazzino Montinari & Federico Greco


Fuori fuoco“Le rivoluzioni le fanno prima i ribelli, poi subentrano i rivoluzionari e li liquidano”. Lo scrittore Valerio Evangelisti traccia il suo percorso di lettura della lotta armata negli anni ’70. Lo fa rivolgendosi al giovane intervistatore fuori campo, in Fuori fuoco. Cinema, ribelli e rivoluzionari, documentario a metà fra cronaca e finzione diretto da Federico Greco e Mazzino Montinari in concorso in questi giorni al Riff, Roma independent Film Festival. Al suo fianco, in montaggio alternato, Erri De Luca: “La volontà di giustizia, a causa di quelle azioni militari, diviene volontà di potenza”. E ancora Evangelisti: “Le Brigate rosse spegnevano lo spirito ribelle, prendevano dei compagni del movimento, li incravattavano, li vestivano in doppiopetto e li mettevano nella clandestinità: un’azione cosciente contro lo spirito della ribellione, variato a tal punto da somigliare tantissimo agli schemi mentali di coloro che si intendeva combattere…Oggi si continua a spegnere lo spirito ribelle e non quello rivoluzionario”.
Sono solo alcune delle battute di questo documentario ‘faccia a faccia’, per riprendere il titolo di un piccolo grande film di Sollima, tra chi scelse la strada della lotta armata e chi no. Ma il confronto centrale nel film è anche tra la giovane attrice Maya Sansa, che riflette sul personaggio della brigatista Chiara in Buongiorno, notte di Marco Bellocchio e l’ex BR della colonna romana, Francesco Piccioni, oggi giornalista.
Fuori fuoco cinema, ribelli e rivoluzione, sarà proiettato anche a Bologna, al Cinema Lumière il 23 e 24 maggio.

Avete messo fianco a fianco la Sansa e Piccioni. Quel che viene fuori è un immagine sfocata di lui e un campo lunghissimo di lei. Un gap incolmabile tra due realtà cronologicamente vicine?


Mazzino Montinari
: Questi due personaggi sono mossi da ragioni diverse. L’uomo, da persona che ha fatto parte delle Br, si chiede come raccontare oggi la sua storia agli altri; viceversa l’attrice ha la necessità di dover entrare in quella storia per doverla interpretare e cerca in essa una chiave emotiva e/o razionale che la aiuti nell’impresa.
Federico Greco: Maya Sansa, con le sue riflessioni su Chiara, il personaggio ispirato ad Anna Laura Braghetti, si fa interprete del nostro punto di vista, della nostra difficoltà dichiarata a inquadrare la lotta armata e comprenderla a fondo. E forse questa difficoltà nel mettere a fuoco quegli avvenimenti appartiene alla maggior parte della nostra generazione. Scorgiamo in quelle posizioni un aspetto di razionalità fin troppo estremo.

Qual è la molla che vi ha spinto a dirigere Fuori fuoco?
Federico Greco
: Siamo partiti dalla considerazione che in un anno, il 2003, venivano realizzati ben 4 lungometraggi intorno al Caso Moro: Piazza delle cinque lune di Martinelli, La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana, La trilogia di Moro di Aurelio Grimaldi e Buongiorno, notte di Marco Bellocchio. Certamente si trattava del 25° anniversario dalla scomparsa del presidente della Dc, ma abbiamo cominciato a chiederci perché registi e cineasti italiani non avessero tentato in tutti questi anni di realizzare film al di fuori del contesto della strage di Via Fani.

Fuori fuoco sembra prendere le distanze da una certa cinematografia d’impegno e, in ultima analisi, individua nel genere spaghetti-western il cinema di maggior impatto politico.
Mazzino Montinari: La nostra non vuole essere un’operazione di recupero del cinema di genere tout-court. Non ci interessa Alvaro Vitali ma film come Giù la testa di Sergio Leone.
Federico Greco: Un film come quello di Leone – ma sotto questo profilo potevamo anche indicare Elephant di Gus Van Sant – dimostra ancora una volta che al cinema appartengono le storie e non la politica.

Geraldina Colotti, ex brigatista oggi scrittrice e giornalista del “Manifesto”, nel commentare la figura di Moro nel film di Bellocchio la definisce ‘post-moderna’…
Mazzino Montinari: Il XX secolo, chiuso com’è tra ideologie e lotte di classe, è rappresentabile solo con motivazioni di tipo razionale. Su questa base, infatti, chi ha militato durante gli anni ’70 nella lotta armata dice anche che l’esperienza della nuove BR è insensata, perché antistorica, non inquadrabile in quel contesto. Ecco perché la rappresentazione intima, il ritratto in un interno di Buongiorno, notte non può essere condiviso né tanto meno approvato dalla Colotti.

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20 Aprile 2005

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