Maurizio Tini

“Questa nomination di Berlino – mi piace chiamarla così – è arrivata quasi in modo fisiologico”. Esordisce con entusiasmo, Maurizio Tini, parlando di Domenica, pellicola presente nella sezione Panorama speciale. Un prodotto che sente di aver seguito e condiviso fino in fondo.
Le riprese sono iniziate a fine marzo e il momento della post produzione è arrivato con una certa rapidità, proprio per avere davanti una stagione aperta: sia nella programmazione delle sale che per ipotizzare la partecipazione ai festival.
“Finito troppo tardi per presentarsi all’appuntamento della Mostra del cinema di Venezia” – precisa Tini – “il primo festival importante è proprio Berlino”.

Ha già lavorato con Wilma Labate …
Sì, con Wilma ho già lavorato nel 1996 per La mia generazione che rappresentò poi l’Italia nella cinquina all’Oscar per il miglior film straniero. Vinse un paio di Grolle e un David. Poi anche: il premio per il miglior suono e l’interpretazione a Claudio Amendola e Silvio Orlando al festival cinematografico di Mar Del Plata e un premio anche ad Annecy. Insomma una pellicola che ci ha date molte soddisfazioni.
Abbiamo poi un altro precedente che risale a prima del 1996. Per la serie tv Notti d’Europa abbiamo infatti realizzato insieme Ciro il piccolo, una notte trascorsa in barca da un pescatore adolescente napoletano. Tornano l’adolescenza e Napoli… come per Domenica e La mia generazione torna Claudio Amendola e, mi auguro, anche altre conferme …

Cosa significa per un film come “Domenica” la presenza a Berlino?
Né Wilma Labate né io siamo mai stati a Berlino. L’occasione ci fa quindi doppiamente felici, entrambi. Senza contare che il nostro distributore estero, Raitrade, sostiene che si tratta di un film particolarmente apprezzabile dai mercati internazionali. Quello tedesco in particolare.

Perché?
Ho una certa difficoltà a generalizzare su certi argomenti. Sono invece convinto che il film racconti una storia forte, un incontro magico tra due personaggi in un arco di tempo molto ristretto. E lo fa con uno stile molto personale e toccante, affatto melodrammatico, che muove corde profonde. Anche un luogo istituzionale come un festival non può restare indifferente, al di là della cultura di provenienza. Il coinvolgimento sta proprio nell’incontro. Tutti noi, forse, nella vita abbiamo fatto un incontro magico.

Un ottimo viatico per Berlino. Ricorda qualche fase particolare durante la lavorazione del film?
La ricerca dell’attrice bambina. Ricordo una giornata passata a Napoli, Claudio Amendola e io. Abbiamo incontrato una ventina di possibili interpreti preselezionate da Wilma, che ne aveva già viste migliaia. E il clima che si è istaurato tra noi a contatto con quelle bambine, prima un po’ intimidite, e poi esuberanti e coinvolgenti, è stato davvero incredibile. Vedere un omone come Claudio finire tirato per la manica a destra e a sinistra!
Alla fine, com’è giusto, ha scelto Wilma. Che ha testato la bambina per giorni prima della scelta definitiva. Ma quella giornata me la ricordo davvero in modo speciale.