Coppia di ferro i due nominati agli Oscar per il miglior trucco di Moulin Rouge, diretto da Baz Luhrmann. Aldo Signoretti e Maurizio Silvi sono due dei quattro italiani in corsa per la statuetta. Il primo parrucchiere, il secondo truccatore hanno iniziato la loro collaborazione artistica molti anni addietro. Il loro primo incontro è avvenuto nel laboratorio di parrucche, barbe e baffi finti di Manlio Rocchetti (premio Oscar condiviso con Lynn Barber e Kevin Haney per il make-up di A spasso con Daisy (1989), truccatore per C’era una volta in America e capo reparto del trucco in Gangs of New York di Martin Scorsese). Dopo il laboratorio non si sono più lasciati.
Maurizio Silvi ha intrapreso la sua carriera trent’anni fa. “Avevo 17 anni. Ho imparato con Franco Corridoni e Giuliano Laurenti. Ho lavorato sui set de Il Messia (1978) e L’età di Cosimo De’ Medici (1973) di Roberto Rossellini, ho truccato Salvatore (Ron Perlman, ndr.), il gobbo di Il nome della rosa (1986) di Jean Jacques Annaud, e ho lavorato con Fellini in E la nave va” racconta Silvi. Tra gli ultimi lavori italiani Pinocchio di Roberto Benigni.
Intanto la coppia artistica è stata premiata due volte. La scorsa domenica a Bologna hanno ottenuto il riconoscimento, ideato da Sergio Valente, “La testa di Berenice” e qualche mese fa l’associazione americana dei make-up artists ha consegnato loro il “Guild Award”. Maurizio Silvi domani parte per Los Angeles. Naturalmente insieme ad Aldo Signoretti.
C’è una vera intesa tra lei e Signoretti…
Io e Aldo siamo entrati a contatto con un cinema di qualità fin dall’inizio. Abbiamo lavorato con le stesse persone e a fianco di maestri costumisti come Piero Tosi e Danilo Donati. Condividiamo le stesse idee in materia di cinema e ci capiamo al volo.
Quanto avete lavorato per preparare “Moulin Rouge”?
Da soli in un mese abbiamo provinato tutti. Non ci sono effetti speciali nel trucco e nei capelli, tutto è fatto con le nostre mani. Ho fatto un naso di gomma piuma in modo tale che assomigliasse a quello di Lautrec e Aldo ha messo qualche parrucca a Nicole. I giurati degli Academy Awards pensavano che glieli avesse colorati…
Lei ha truccato Nicole Kidman…
E’ stato un lavoro molto faticoso. Nicole nel film piange spesso e io dietro ogni volta con nuovi make up. Per lei ho preparato otto tipi di trucco diverso che coprivano i momenti di splendore iniziale, la scena sull’elefante con Ewan McGregor per esempio, fino alla malattia dove ho creato un contrasto nel volto tra la pelle lunare e gli occhi scuri. Per renderle gli occhi più grandi ho tagliato le ciglia a una a una. Le tagliavo a gradazione facendo delle piccole ciocche finte. Nicole doveva essere la star del Moulin Rouge, una vamp sensuale, ma anche triste. L’ho immaginata subito come Gilda e ho indovinato. Baz, insieme a Catherine (la Martin, moglie del regista e scenografa del film, ndr.) ci hanno dato degli input. Ci hanno fatto vedere la Viaccia di Mauro Bolognini dove c’è Claudia Cardinale che porta un’acconciatura di capelli tirati un su. Nel film c’è la pittura di Toulose-Lautrec, Degas fino a Modigliani e Picasso. Per le ballerine del tango dovevamo sottolineare il contrasto sociale con la Kidman e Baz ci ha fatto vedere un numero di “Vogue” con delle foto di ragazze con il trucco sciolto. Abbiamo visto di tutto, compreso un vhs dove tre cantanti nere avevano i capelli completamente dritti. Ma il fatto straordinario è che io e Aldo abbiamo la libertà completa di proporre. Baz ci permette di lavorare come vogliamo.
Non è la prima volta che collaborate con lui. Il regista vi aveva già scelto per Romeo and Juliet…
Eravamo a Cuba, sul set di Ilona arriva con la pioggia, e lui era da quelle parti. Ci siamo incontrati a Città del Messico. Baz ci ha spiegato il film. Dopo diversi mesi, a fine lavorazione ci ha detto: “Mi avete insegnato cosa vuol dire trucco e capelli”. Ora ci legano un’amicizia e una stima intense.
C’è il progetto di trasformare “Moulin Rouge” in un musical teatrale…
Sì, Luhrmann, che ora è impegnato nella Boheme, vuole portarlo a Broadway, ma è troppo presto per dire se si farà. Di solito non lavoro a teatro ma forse questa volta…
In corsa per la statuetta nella categoria make-up c’è anche Peter Owen per “Il signore degli anelli”…
E’ molto diverso quel lavoro, ci sono gli effetti speciali che solitamente piacciono agli Oscar. Ma un mese fa, quando abbiamo presentato il montato di 10 minuti con il nostro lavoro ai membri dell’Academy, abbiamo ricevuto molti complimenti. Può darsi che i giurati questa volta si stanchino degli effetti speciali…
Una curiosità, con quali cineasti italiani vorrebbe lavorare?
Marco Tullio Giordana e Gabriele Muccino, due autori che risollevano le sorti del cinema italiano e hanno idee precise.
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