“La mia vera natura è quella di una donna a cui il destino ha dato compiti da uomo, ma che li ha sempre assolti senza tradire l’affettività femminile”, queste le parole con cui “si presenta”, solo in voce, Fernanda Wittgens, con il timbro di Matilde Gioli, che l’interpreta nel film tv che porta il suo nome, Fernanda, che per Maria Pia Ammirati – direttore Rai Fiction, “è il simbolo della Rai oggi, per ricordare il Giorno della Memoria: Fernanda è stata un’eroina di altri tempi, una donna straordinaria che ha pensato di salvare l’arte ma anche un mondo che era in una catastrofe buia. Per noi – quello di Fernanda – è un mondo che è facile celebrare, potendo adesso stare al passo degli uomini nella carriera, ma allora non era così: sono contenta che Matilde Gioli abbia accettato la sfida di proporsi per un personaggio così particolare, portando la freschezza della gioventù. Fernanda è la prima donna di un catalogo (in produzione, ndr) con altre tre protagoniste femminili – Margherita Hack, Tina Anselmi, e Alda Merini: Rai Fiction le ha scelte per celebrare le grandi figure femminili e raccontare alle nuove generazioni il loro valore. Fernanda non è solamente un biopic, un period, ma una scenografia di un mondo che cambia, cui dietro c’è la grande Storia”.
Milano, 1943: nel buio notturno i lampi squarcianti e i rumori temporaleschi della guerra, che non s’esimono di abbracciare malevolmente anche il capoluogo milanese e lì un luogo prezioso, una casa dell’arte assoluta, la sua “casa”, quella di Fernanda appunto, prima donna direttrice della Pinacoteca di Brera.
Per Matilde Gioli è stata: “la prima volta in cui ho interpretato un personaggio così presente, la protagonista assoluta, perché fino ad ora ho sempre partecipato a film/serie in ambiti corali; mi ha tenuta molto impegnata l’idea di dar vita, volto, voce, corpo, a una donna davvero esistita, altra mia prima volta. Ho iniziato subito un mio dialogo immaginario con Fernanda, a cui ho promesso di restare il più possibile aderente alla realtà; sono state fondamentali le biografie, come L’allodola di Giovanna Ginex e Rosangela Percoco. Poi, Maurizio Zaccaro – il regista – mi ha portato una serie di informazioni su chi fosse lei: come parlava? quali espressioni faceva quando era delusa o felice? come camminava? come si pettinava i capelli? La mia gioia più grande, oggi, è veicolare il più possibile la storia di un’eroina del ‘900: portare queste storie in tv è un gesto per continuare la bellezza di noi esseri umani. Lei ha avuto la fame di dimostrare: oltre a una società che non la incoraggiava nelle sue passioni, c’era anche la guerra e lei si è fisicamente recata a Brera a staccare le opere per portarle in salvo; e poi aveva la generosità, l’umanità, così da non poter stare ferma a guardare quello che succedeva con le Leggi Razziali, rischiando la reputazione, la vita, e infatti fa un gesto che mi ha molto colpita nell’interpretarla, un superpotere: s’è trovata nella condizione di dover mettere in pericolo la vita dei suoi famigliari, ma lei è andata avanti anche difronte a questo rischio, facendo qualcosa di straordinario”.
Un mestiere e un ruolo ante-litteram per una donna nata nel 1903, che il suo papà – già quando era bambina – portava con sé a visitare le opere della Pinacoteca: suo primo imprinting – nel film – è con il Cristo Morto del Mantegna, occasione per lei di scoprire che esistesse una figura, “il direttore”, che è un po’ il maestro di cerimonie di quel luogo, nozione che le fa esclamare: “anch’io da grande voglio fare la direttore!”. Per Maurizio Zaccaro, “con la scrittura è stata elaborata la drammaturgia del percorso che stavamo per intraprendere, incontrando anche l’intimità, il sentimento; sappiamo di lei alla Pinacoteca, dell’aiuto alla famiglia ebrea, ma non abbiamo mai saputo null’altro, ma di certo che fin da bambina il padre la portava a guardare le opere a Brera, cosa che io ho sempre letto come una premonizione. In fase di scrittura, quindi, abbiamo deciso di cominciare proprio dall’infanzia: non era una famiglia stra-benestante, con più di sette fratelli, con due perdite notevoli, e sono situazioni che non potevano non essere raccontate”.
Dopo la laurea, col professor D’Ancona, ebreo, che riconosce in lei un potenziale in fioritura, viene “assunta in prova come operaia avventizia”, dall’allora direttore di Brera, Ettore Modigliani (Maurizio Marchetti), a cui il docente la suggerisce, seppur il dirigente sia un po’ dubbioso che una donna abbia desiderio e voglia di occuparsi di un mestiere oneroso come quello richiesto da un museo, ma un po’ s’affida alla sicurezza del professore, un po’ “sfida” l’educata sicurezza di lei, che non la fa tacere dinnanzi ad un uomo, un adulto, un esperto, un direttore di un grande museo: non è sfrontatezza quella di Fernanda, ma conoscenza della materia, desiderio di valorizzazione dell’arte di cui si occupa, studio applicato al concreto, punto di vista contemporaneo.
Nel film anche Eduardo Valdarnini, nel ruolo di Giovanni: lui, trasportatore di opere d’arte per Brera, a cui Fernanda Wittgens chiude aiuto per un primo trasporto umano, sfida al rischioso controllo fascista ma missione a cui lei non sente di volersi sottrarre, “sfruttando” l’arte per l’Uomo, sentendo così di aderire poi alla Resistenza, infine destinata a essere riconosciuta persona “Giusta fra le Nazioni”. L’attore del suo personaggio racconta che “Giovanni è un semplice operaio, che lavora alla Pinacoteca abbastanza cinicamente perché in fondo non capisce l’importanza di quello che ha intorno e comincia a comprendere il valore della bellezza nel coraggio di Fernanda. È un personaggio che non è esistito nello specifico, è un personaggio archetipale, è la Resistenza”.
Inoltre, ricorda Zaccaro, “C’è anche un omaggio alla città di Milano, alla milanesità di Fernanda Wittgens: io ho insistito per girare a Brera, per cui abbiamo fatto anche un grosso lavoro di effetti speciali, riportandola come all’epoca, per renderla come era durante la guerra. E ringrazio Alessandro Quasimodo per la concessione della poesia del padre, Milano, agosto 1943, per me molto significativa”, questo per dire che “la situazione raccontata era appoggiata un po’ alla realtà, un po’ alla finzione: come il personaggio di Giovanni, che abbiamo inventato proprio per far capire l’importanza dell’arte, infatti Fernanda con lui parla del valore dell’arte, trasferendo la sua conoscenza”.
“Il progetto è un tuffo nel passato della Storia d’Italia, appunto sulla biografia di un giovane sovraintendente donna, non conosciuta al pubblico, con tante sfaccettature e difficoltà nella sua vita, incluso l’aver rischiato anche la deportazione. Non si risparmiava su nulla. Quella della memoria e dell’impegno civile è un po’ la nostra linea editoriale, come per le grandi figure storiche apicali, in questo momento necessarie da ricordare nei palinsesti tv” aggiunge Mario Rossini, produttore per Red Fim.
Il film viene trasmesso in prima serata su Rai Uno, il 31 gennaio.
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