‘La bambina con la valigia’: la storia di Egea Haffner, esule giuliana

Il film tratto dall'autobiografia della stessa Haffner arriva in prima serata su Rai 1 il 10 febbraio, in occasione del Giorno del ricordo


Istria, primavera 1945. La fine della Seconda Guerra Mondiale porta gioia e speranza nel cuore di tutti, ma non durerà al lungo. Soprattutto per quegli italiani che verranno inghiottiti dalle Foibe, a causa delle rappresaglie dei cosiddetti “Titini”. Inizia da qui la storia della piccola Egea, una bambina che si chiama come un mare e che su quel mare dovrà fuggire via, diventando esule. Arriva in prima serata su Rai 1 il 10 febbraio, in occasione del Giorno del ricordo, in memoria delle Vittime delle foibe, dell’Esodo Istriano, Fiumano, Giuliano e Dalmata, La bambina con la valigia, film tv diretto da Gianluca Mazzella, tratto dall’omonimo libro autobiografico scritto da Egea Haffner insieme a Gigliola Alvisi.

Tutto inizia e finisce con una fotografia in bianco e nero datata 6 luglio 1946: la piccola Egea è pronta a lasciare la sua casa di Pola. In mano porta una valigia con la scritta “ESULE GIULIANA” a ricordare che quello non è uno scatto che celebra un momento felice. Rimasta orfana di padre, catturato e probabilmente ucciso nelle Foibe, si sposterà a Bolzano dove verrà cresciuta da una nonna severa ma amorevole e da una zia che si sostituirà di fatto a una madre costretta, ormai vedova, a fuggire in Sardegna per rifarsi una vita. Il film segue la vicenda di Egea, tra difficoltà, umiliazioni e scelte difficili, fino all’età adulta, quando riuscirà a ottenere il risarcimento per ciò che le è stato strappato via e potrà finalmente dare vita alla sua famiglia.

A guidare un cast prettamente femminile composto da Claudia Vismara, Sara Lazzaro, Anita Kravos, Andrea Bosca, la giovane Sinead Thornhill nei panni di Egea da ragazza, e la piccola Petra Bevilacqua, in quelli della bambina, troviamo Sandra Ceccarelli, nel ruolo della nonna Maria. Una donna che, nonostante abbia perso l’amato marito capace di “trasformare l’acqua in champagne”, ha molta fiducia nel futuro. Peccato che venga “smentita abbastanza in fretta perché il figlio Kurt viene prelevato per un controllo e tutto inizia a crollare. Il trauma della più piccola della famiglia è lo stesso della più vecchia, che lascia tutta la sua vita, il suo passato. Soprattutto, non avendo più notizie di questo figlio scomparso, senza vedere il corpo, l’elaborazione del lutto è molto meno efficace. Andandotene, tra le tante cose che lasci, devi affrontare anche l’idea che se mai il figlio per un miracolo dovesse tornare, non troverà nessuno”.

Compare per poco sullo schermo, ma lascia un segno tangibile Andrea Bosca, nel ruolo proprio di Kurt: “Mi viene da pensare che questa storia racconta che la guerra, dal ‘900 in poi, ricade sui civili, sulle famiglie, sui bambini, li priva dei loro diritti, della loro vita da bambini con la scuola, con i compagni. – afferma l’attore – Quello che mi commuove è che tutti alla fine vogliono solo fare colazione insieme il giorno dopo. Chiunque nel mondo, in Ucraina o a Gaza, quando perde casa, vorrebbe solo avere i propri affetti al sicuro. Una lezione che non abbiamo ancora imparato. Noi artisti dobbiamo metterlo in scena in maniera semplice, abbiamo la responsabilità come esseri umani di raccontare questa storia, perché continua a ripetersi”.

A Sara Lazzaro, invece, spetta il ruolo delicato di interpretare la zia di Egea, la persona che più la guiderà nel suo percorso di crescita. “Lei, soprattutto all’inizio della storia, ha questa presenza onnisciente. Una presenza che è un legante, silenziosa. Ha una forza non dirompente ma ha questa capacità di essere un punto di riferimento affettivo e una figura di tramite, perché non vorrà mai sostituire la madre. Questo rapporto d’amore e di complicità che si crea con questa creatura è bellissimo. La sento sempre moto viva e presente nelle scene, è sempre molto vigile”.

La bambina con la valigia rappresenta una testimonianza preziosa anche perché può contare ancora sulla voce della sua protagonista. “Mi emoziona di nuovo pensare a quella scena lì, con mio zio che arriva con questa valigetta. – racconta la stessa Egea Haffner, ricordando il momento in cui ha scattato la celebre fotografia – Tutti che mi guardavano e io ero triste ma anche scocciata. È stato davvero emozionate vedere il film, ho pianto tutto il tempo, ho consumato diversi fazzolettini. I personaggi erano molto realistici: mia nonna molto severa e un po’ aristocratica, mia mamma, una donna moderna con le unghie rosse. Mi ha emozionato vedere la scena iniziale con il palloncino: mi ha ricordato di quando mio padre mi prendeva in braccio per correre ai rifugi. Non ho mai dimenticato il profumo della sua colonia buona”.

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05 Febbraio 2025

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