“La leggerezza, l’intelligenza e il talento, tutte qualità che Mastroianni aveva, sono valori fondamentali della vita civile”. Così Roberto Cicutto, presidente e ad di Luce Cinecittà, introduce la mostra dedicata al grande attore, forse l’attore italiano più celebre e amato nel mondo, che si inaugura domani all’Ara Pacis di Roma, nell’ambito della Festa del cinema. Un percorso emozionante attraverso le immagini guidato dalla voce calda di Marcello, dalle sue memorie raccolte nel documentario Mi ricordo, sì io mi ricordo (1997) realizzato in Portogallo, durante le riprese di Viaggio all’inizio del mondo di De Oliveira, dalla compagna Anna Maria Tatò (a breve uscirà in dvd nelle due versioni, da 90′ e tre ore e mezza). “Ho prodotto io quel film – ricorda ancora Cicutto – e lo ritengo una delle cose più riuscite della mia carriera. Lì Marcello è libero, sereno e consapevole, e si offre alla macchina da presa come se fosse tra amici intimi”.
Dal documentario, come da tutti i documenti e le testimonianze sull’attore nato a Fontana Liri in Ciociaria nel 1924, emerge infatti l’immagine di un uomo ironico, che amava scherzare su se stesso e che stava ore al telefono, come ricorda Luchino Visconti in un’intervista. E come si vede nella sequenza affettuosa di un altro documentario, Che strano chiamarsi Federico di Ettore Scola, dove Marcello chiama Giovanna Cau da una cabina telefonica, mentre passeggia con Fellini, per dirle di scrivere sulla sua lapide “Non sono presente, rivolgetevi all’avvocatessa”
Una vita tra parentesi, dunque, senza enfasi e senza vanità. E “una vita tra parentesi” è proprio il sottotitolo dell’esposizione curata da Gian Luca Farinelli della Cineteca di Bologna: “Una carriera straordinaria, quella di Mastroianni – ricorda Farinelli – che era un condensato di bellezza stupefacente”. Si va dagli esordi con Riccardo Freda nel 1948 alla collaborazione con Federico Fellini, di cui diventò un vero e proprio alter ego. Più di cento film tra gli anni ’40 e la fine dei ’90, e molti riconoscimenti internazionali: tre candidature all’Oscar come Miglior Attore, due Golden Globe, otto David di Donatello, due premi per la migliore interpretazione maschile al Festival di Cannes e due Coppe Volpi al Festival di Venezia.
Il percorso espositivo si apre con l’ombra di Marcello che racconta: “Avrei potuto essere un architetto. Chissà se sarei stato bravo. Un architetto realizza delle cose solide, che rimangono. Ma del mio mestiere, cosa rimane? Delle ombre, delle ombre cinesi”. Quindi ecco le gigantografie degli attori da lui ammirati, una sorta di pantheon personale in cui troviamo divi americani come Gary Cooper, Clark Gable, Tyrone Power, Errol Flynn, John Wayne e Greta Garbo, ma anche francesi come Jean Gabin e Louis Jouvet, e gli italiani Vittorio De Sica, Anna Magnani, Aldo Fabrizi, Amedeo Nazzari, Totò, Assia Noris. Alla leggiadria di Fred Astaire è dedicato uno spezzone video che sembra dialogare con una scena da Le notti bianche di Visconti in cui Marcello si getta a capofitto nella danza.
Si parte dalle origini della famiglia, i Mastro Janni, di estrazione popolare ma con tanti artisti e artigiani, ultima dei quali è la figlia Barbara, da poco scomparsa, che amava creare mobili di legno. Non mancano le foto delll’infanzia in Ciociaria e della madre. Poi l’arrivo a Cinecittà, che lui chiamava “la fortezza dei sogni” in quanto quasi inespugnabile, e dove entrò come comparsa grazie al pass avuto dai parenti che gestivano una trattoria. Il primo ruolo importante, doppiato da Alberto Sordi, è quello del vigile in Domenica d’agosto di Luciano Emmer nel 1950. In questo periodo di formazione si sdoppia tra cinema e teatro. Per il grande schermo lavora con Mario Monicelli, Mario Camerini, Dino Risi, Luigi Comencini, Carlo Lizzani, Giuseppe De Santis, ma sarà Alessandro Blasetti a inventarsi la coppia con Sophia Loren, che toccherà il suo culmine tanto anni dopo nel capolavoro di Scola Una giornata particolare.
Marcello – e sembra di sentire Anita Ekberg che lo chiama – sfodera il suo istinto sempre controcorrente: consacrato come sex symbol, nel 1960, da La dolce vita, sceglie il ruolo dell’impotente nel Bell’Antonio di Mauro Bolognini o di cornuto in Divorzio all’italiana di Pietro Germi (1961). Rifugge lo stereotipo e le classificazioni.
La dolce vita naturalmente – di cui vediamo in mostra il trattamento – segna anche l’inizio del sodalizio con Fellini. Insieme faranno tanti film – su tutti 8 e ½ – ma non faranno mai invece Mastorna. Il percorso prosegue con i suoi film sperimentali, la collaborazione con Ferreri e Petri, i lavori girati all’estero (quando si autodefiniva un “turista di lusso”) e arriva fino all’ultima tournée teatrale, Le ultime lune, al film di Manoel de Oliveira Viaggio all’inizio del mondo, uscito postumo, a Mi ricordo, sì, io mi ricordo, il film testamento girato dalla sua compagna Anna Maria Tatò. Morirà a Parigi il 19 dicembre 1996. Come ebbe a dire Tullio Kezich: “Forse nessun attore si è mai congedato dal pubblico con un testamento palpitante di vitalità come Mi ricordo, sì, io mi ricordo, il film-confessione con cui, alla vigilia dell’uscita di scena, Mastroianni racconta con stoico umorismo, pudica ironia e reticente tenerezza la sua vita d’arte e la sua arte di vivere”.
I materiali, oltre che dalla Cineteca di Bologna e dall’Istituto Luce, provengono dallo stesso Mastroianni e da numerosi altri archivi (tra cui Rai e Cinemazero). La mostra è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita Culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, coprodotta e curata dalla Cineteca di Bologna, e realizzata con il contributo del Ministero per i Beni e le attività culturali in collaborazione con Istituto Luce -Cinecittà, con il sostegno degli sponsor Acea, Roberto Coin, Igea Banca, Sorgente Group e dello sponsor tecnico Italiana Assicurazioni. Hanno collaborato Rai Teche, Cinemazero, Fondazione Cinema per Roma. Servizi museali a cura di Zètema Progetto Cultura. Coordinamento organizzativo a cura di Equa di Camilla Morabito.
Shirin Neshat, esponente dell’arte visiva contemporanea, iraniana naturalizzata newyorkese, ha presentato alla Festa di Roma, nell’ambito del progetto Videocittà, il suo ultimo film: Looking For Oum Kulthum, un ennesimo incontro tra Oriente e Occidente, tra ritratto e autoritratto, con protagonista una donna, un’artista, una leggenda musicale egiziana
Miglior film Jellyfish di James Gardner, una storia d'identità e desiderio di fuga; premio speciale della giuria Ben is Back di Peter Hedges con Julia Roberts e Lucas Hedges; miglior attore Thomas Blanchard per The Elephant and the Butterfly di Amelie Van Elmbt
"Questo film contiene un desiderio - ha detto De Angelis commentando il premio vinto alla Festa di Roma - ed è il desiderio di fare un regalo a chi lo guarda"
Il colpo del cane di Fulvio Risuleo, prodotto da TIMVISION Production e Revok Film, è stato annunciato ad Alice nella città. Nel cast Edoardo Pesce, Silvia d’Amico e Daphne Scoccia, oltre a una partecipazione di Anna Bonaiuto