E’ la novità di quest’anno al Biografilm, diretto per la prima volta da Leena Pasanen, la sezione Meet the Masters, tre autori e tre film che il festival vuole mettere in evidenza: Jørgen Leth, Rithy Panh e Mika Kaurismäki. E proprio a quest’ultimo è stata affidata la preapertura (sempre virtuale) con il delizioso Master Cheng, una feel good comedy come si suole etichettare i film che dopo la visione ci lasciano quella speciale sensazione di leggerezza e serenità.
E’ proprio quello che accade con questa vicenda a cavallo tra due mondi in cui l’amore e la cucina si fondono armoniosamente raccontando la rinascita di due, anzi tre, esseri umani feriti dalla vita, per un lutto o un abbandono. Fratello maggiore del più celebre Aki Kaurismäki, Mika (classe 1955) è un cineasta con un’indole apolide, che ha vissuto e lavorato a lungo in Brasile. Ed ecco che qui torna in Finlandia, anzi in Lapponia con i suoi incredibili paesaggi, i cieli e gli spazi sconfinati, le saune e le bevute.
In un piccolo e sperduto villaggio che quasi non si vede sulla cartina geografica approda un giorno il cinese Cheng (Chu Pak Hong) insieme all’annoiato figlioletto, dedito al suo game boy e distaccato da tutto. Sta cercando qualcuno – ma ne storpia il nome – e chiede informazioni a Sirkka (Anna Maija Tuokko), una single che gestisce l’unica locanda frequentata dai soliti quattro vecchietti e dove si serve solo un piatto – a dire il vero non molto invitante – annaffiato da abbondanti boccali di birra. La giovane donna offre a padre e figlio vitto e alloggio e quasi per caso Cheng inizia ad aiutarla in cucina rivelandosi un autentico chef. I suoi piatti non solo sono esotici e buoni ma fanno anche bene alla salute, sistemando circolazione e stomaco degli avventori, secondo i principi millenari di yin e yang. Inutile dire che tra i due – reduci entrambi da sofferenze – nascerà un sentimento che include anche il figlio di Cheng.
Ospite virtuale del Biografilm, Mika Kaurismaki ha raccontato la genesi di questo film che unisce cinema curativo e cucina curativa e la collaborazione con i cinesi dialogando con la connazionale Leena Pasanen: “Tutto è iniziato in modo strano. Durante una serata con il mio amico Hannu Oravisto, che poi ha scritto la sceneggiatura, mi raccontò di nutrire un grande interesse per la cultura, la medicina, la filosofia e il cibo cinese. Cosa che condivido. In Finlandia c’è una massiccia presenza di turisti cinesi, specie in Lapponia, dove trascorro dei periodi da 35 anni, perché è un luogo che mi piace molto. Così ha iniziato a prendere forma l’idea per il film: un cinese che va in Finlandia per cucinare del buon cibo. In qualche modo, ho unito questo personaggio con un luogo, la Lapponia, che è molto vicino al mio cuore. Per la coproduzione, all’inizio non ci pensavo ma quando ho capito che avevo bisogno di trovare degli attori cinesi, è stato naturale e poi si sono uniti anche gli inglesi”.
La commedia, che aveva inaugurato anche il Festival Tertio Millennio, ha un cast misto: “Ci sono due famosi attori finlandesi, Kari Vaananen e Vesa-Matti Loiri, uno vive in Lapponia e l’altro la conosce molto bene. Si può dire che siano uomini della Lapponia, per questo li ho coinvolti. Abbiamo girato il film durante un’estate fantastica, calda e senza zanzare, cosa molto rara da quelle parti. Eravamo un gruppo abbastanza piccolo, ho scelto poche persone con cui lavorare bene. Abbiamo cercato di coinvolgere la gente del luogo e si è creata una bella interazione tra la troupe e gli abitanti, un po’ come accade nel film. Nella storia non ci sono eventi eclatanti, ma c’è armonia. Gli attori hanno avuto il loro spazio creativo, sono stati tutti fantastici”.
Un’atmosfera di armonia che si respira nel plot, dove nascono amicizie al di là dell’età e della cultura di appartenenza: “Volevo fare un film positivo, nel mondo succedono cose terribili. Quando si accende la tv o la radio si sentono notizie bruttissime, ci sono dei leader pazzi al potere che vogliono dividere i popoli. Questi mostri fanno di tutto per separarci. Ci sono le fake news, gli hater, io voglio trasmettere positività e creare integrazione. Ho un approccio antropologico, vado in giro con la cinepresa. Quando faccio un film, mi muovo dalla fiction al documentario, che mi piace molto come genere. Anche un documentario non ben riuscito ha il suo perché. Con la fiction non è così”.
Infine una notizia: “Ho girato un film sul coronavirus. L’ho fatto in 4 giorni con 3 attori, non ha una sceneggiatura, è costruito sull’improvvisazione, in modo libero. Non totalmente a ruota libera, ma con alcuni paletti. Avevo in passato girato Three Wise Men con un metodo molto simile”.
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