Massimiliano e Gianluca De Serio: “Sette opere di misericordia”


Il loro ultimo lavoro è un’installazione a partire da una mostra di Wolfgang Laib alla Fondazione Merz di Torino: 45 bramini dal Sud dell’India in uno schermo, 20 Tamil piemontesi originari dello Sri Lanka nell’altro. Massimiliano e Gianluca De Serio, gemelli torinesi, appena trentenni, un curriculum di tutto rispetto con opere proiettate in tutto il mondo, da Parigi a Tel Aviv, e moltissimi premi, tra cui tre Nastri d’argento e due candidature David, mentre Maria Jesus (2004) è entrato nella short list per gli Oscar. Con studi di storia e critica del cinema (Gianluca) e storia dell’arte (Massimiliano, che sta terminando il dottorato di Estetica e tecnologia dell’arte a Parigi) sono decisamente ibridi tra cinema e video arte e frequentano formati, supporti o stili di narrazione disparati. Adesso il festival romano Arcipelago dedica ai due autori una personale tra le più ricche, in cui si vedranno anche i recenti A Star Love e A Dark Love, che comporranno un trittico sull’amore con un terzo video ancora da realizzare. E intanto è già pronta la sceneggiatura del loro primo lungometraggio, Sette opere di misericordia.

Siete due autori assolutamente anomali nel contesto italiano, forse addirittura più conosciuti all’estero. Come vi piacerebbe definirvi?
Non ci siamo mai preoccupati di darci una definizione. I nostri lavori sono documentario, fiction e performance… Ci è piaciuta la definizione che ha dato di noi Fabio Bo nel suo saggio sul catalogo di Arcipelago, che parla dei nostri film come di polittici. Ci piace l’idea di composizione, come se vedendo i nostri lavori uno dopo l’altro si componesse un puzzle. Ma forse questo è comune a tutti gli autori che hanno una ricerca alle spalle. Nel mondo dell’arte si è parlato invece della nostra ossessione per il ritratto. E anche questo è vero: abbiamo un’idea del ritratto che si rifa alla storia dell’arte.

Come scegliete i personaggi della vostra galleria di ritratti, spesso persone di culture diverse che vivono in Italia una condizione di estraneamento ed emarginazione?
Non li scegliamo, sono incontri casuali, anche se la casualità produce un senso. Abbiamo fatto recentemente un lavoro sul rap e il rap contiene questo aspetto di un codice che si basa però sull’improvvisazione.

E l’attenzione per l’immigrazione come si innesta in questa vostra casualità densa?
Nei nostri primi lavori, fino a Zakaria del 2005, ci sono, è vero, varie figure di immigrati. Nelle persone costrette a perdere parte della propria cultura, troviamo la possibilità di riflettere sul tema dell’identità e dei suoi limiti. Sono questi i film che ci hanno fatto conoscere nel circuito del cinema indipendente, film come Mio fratello Yang e Maria Jesus, ma è una lettura parziale della nostra produzione pensare che riguardi soprattutto il tema sociale dell’immigrazione anche se è vero che c’è un’attenzione al sociale.

Adesso state ultimando una trilogia sull’amore.
Sì, parliamo dell’amore che si manifesta in modo estremo e radicale. Nel primo, A Star Love, raccontiamo le due prove d’amore di Salvatore, una prova verbale e l’altra fisica, che manifestano la sua concezione totale del sentimento che prova per Mara Teresa. In Dark Love c’è Rosario con il suo amore sacrificale.

Invece la sceneggiatura del vostro primo lungometraggio, ancora in cerca di finanziamenti, trova ispirazione nelle Sette opere di misericordia della tradizione evangelica: dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, seppellire i morti…
Sì, il film è ricollegabile a un racconto rituale, come un viaggio che ci trasforma perché ci porta da un’altra parte attraverso queste prove. E’ la storia di un uomo anziano e gravemente malato e di una ragazza giovanissima, straniera, che vive nell’abitacolo di in una macchina in una situazione di semischiavitù e fa loschi traffici per sopravvivere. Due esistenze ai margini, nella periferia di Torino, tra la Falchera e Barriera di Milano, che è la zona dove anche noi abitiamo. Lo consideriamo un thriller rivoltato verso l’interno, con uno scontro violento tra i due personaggi e una tensione quasi di genere.

I protagonisti sono non attori, come sempre nei vostri lavori?
No, c’è Roberto Herlitzka, che secondo noi è uno degli attori più importanti in Italia, e una giovane romena che non ha mai fatto nulla prima. La consideriamo una tappa importante della nostra ricerca proprio per questa commistione. Tra l’altro Herlitzka, che ha una voce stupenda, quasi non dirà una parola nel film.

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15 Giugno 2009

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