Mark Cousins: il cinema è una storia d’amore

Mark Cousins: il cinema è una storia d'amore


CANNES – Presentato come proiezione speciale all’interno del 74° Festival di Cannes, The Story of Film: a New Generation di Mark Cousins è un documentario che conclude un progetto colossale iniziato più di dieci anni fa. The Story of Film: An Odissey (2011) era un gigantesco lungometraggio diviso i 15 episodi di un’ora, che raccontava l’intera storia del cinema, passandone in rassegna tutti i film più innovativi. Centinaia di pellicole che si alternano seguendo il ritmo della voce dell’autore, tra suggestioni, stimoli ed emozioni.

Questo nuovo capitolo non fa altro che coprire l’ultimo decennio di storia del cinema spaziando tra ben 97 film, distribuiti uniformemente per genere, tematiche e provenienza geografica. Un lavoro estremamente impegnativo che Cousins svolge con passione trascinante, usando un metodo tutto suo. “Non faccio una sceneggiatura, ma uno scarabocchio – dichiara il registra nord irlandese mostrando una serie di fogli appesi sul vetro della finestra come a formare una colonna di carta, piena di scritte e cancellature – Se hai la struttura sei a metà strada. Molte persone stanno tanto tempo a scrivere al pc, ma io preferisco scrivere ogni idea su un pezzo di carta. Come diceva David Lynch, se tu scrivi 76 scene su dei pezzi di carta, alla fine hai un film, ed è un approccio che mi piace molto perché tu puoi mescolare le carte in tavola, e cambiare la struttura a piacimento, senza sederti al pc, ma con le tue mani”.

Il cinema, insomma, è qualcosa di pervasivo nella vita di Mark Cousins che, sorridente nel suo kilt nero, ammette che “È l’amore che mi spinge a fare quello che faccio: è una storia d’amore. Sono follemente innamorato del cinema. È un’ancora di salvezza quando sei ossessionato da qualcosa, le ossessioni possono far male, ma il cinema sta lì a guidarti”.

“Di solito guardo i film al cinema, – continua Cousins – vado regolarmente al cinema, senza accrediti stampa o altro, circa 4 o 5 volte a settimana. Lo preferisco perché lo scopo del cinema è di sopraffare la vita reale, essere qualcosa di più grande. Non mi piace guardare i film con la mia parte razionale, mi piace sedermi e farmi trascinare con tutto il corpo. E questo lo puoi fare in sala, non quando sei a casa con una fetta di pizza in mano e il cellulare nell’altra”.

Gli ultimi anni per lui, ovviamente, sono stati molto duri. Ma anche nelle difficoltà della pandemia mondiale, la risposta era sempre la stessa: “il cinema ci ha aiutati a uscire dall’incubo del covid. Durante l’isolamento ci siamo tutti nutriti di film piacevoli, di vecchi classici, uniti a tanto cibo spazzatura. Ma ora dobbiamo uscire da questo universo domestico, e credo che qui a Cannes si respiri ottimismo, sentiamo di essere tornati”.

Nelle due ore e quaranta di The Story of Film: a New Generation, Cousins traccia un file rouge che passa senza soluzione di continuità da un tema all’altro: la danza, il tempo, il surrealismo, le nuove tecnologie e così via. Un particolare accento viene messo su quelli che vengono definiti i “film lenti”, da non confondere con i film noiosi, anche se il rischio di sovrapporli è dietro l’angolo. “L’arte lenta è una risposta alla vita veloce. Ed è un discorso che si porta avanti fin dal secolo scorso, dall’inizio dell’era industriale: ne parlava lo stesso Boudelaire, guardando le vie dello shopping di Milano. Nella nostra vita ci sono un sacco di distrazioni, ma non più del passato. Io sono una persona che vive veloce: penso veloce, parlo veloce, cammino veloce. Perciò la lentezza è un dono per me, non ho bisogno di un thriller che aumenti il mio battito cardiaco. Vedo un film per ricevere qualcosa che non posso ottenere da solo, e questo tipo di cinema mi dà la lentezza di cui ho bisogno”.

Il suo speciale approccio al cinema lo segue ovunque, anche negli eventi legati al Festival di Cannes, come la premiere del film Annette: “Una delle cose che più mi interessano, che trascende i generi, è il corpo. Ieri sera per esempio ho visto il film di Leos Carax e a un certo punto ho dimenticato la musica e mi sono perso nel movimento dei corpi. Perché questo è alla base del cinema: il corpo, il movimento, il tempo”.

Probabilmente questo non sarà l’ultimo film della saga e Cousins, in chiusura, ammette che forse seguirà un ulteriore capitolo di questa “nuova generazione”: “forse tra dieci anni. Non lo so. Al momento sto lavorando ad altri tre film e va bene così: è esattamente quello che amo fare”.

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07 Luglio 2021

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