E’ il maestro dell’understatement. Ma è anche un maestro del cinema. Suo malgrado. Mario Monicelli, classe 1915, da Viareggio. Titoli memorabili – basta citare a casaccio: I soliti ignoti o L’armata Brancaleone ma anche Amici miei e Temporale Rosy. Lo chiamano “eclettico”, Lo sguardo eclettico è il titolo del volume edito da Marsilio per l’occasione. Ha lavorato con tutti i grandi della commedia italiana. E di lavorare non smette. Come quando fuori piove, per la tv, è del 2000. Adesso sta scrivendo L’uomo nero, commedia sul rapporto tra noi italiani e gli africani, “che sono di un altro pianeta ma che… vivono con noi”.
A Pesaro di Monicelli si vedrà l’opera omnia. Come dire: 57 film per il cinema, tre per la tv. Sarebbero 61 se Pioggia d’estate non fosse andato perduto. Ma meno male, dice lui. “Magari se ne fossero smarriti anche altri”.
La mette a disagio tutta questa attenzione degli studiosi?
Mi lusinga essere un “evento speciale”: è soprattutto l’aggettivo “speciale” che mi colpisce. Ma resto convinto che il cinema sia un gioco, magari un gioco proibito come diceva il titolo di quel bellissimo film di Clément. Comunque, a volte, il gioco può dare qualche emozione profonda.
A Pesaro il suo cinema sarà guardato e interepretato dagli studiosi: ci sarà una tavola rotonda…
Mi vogliono strappare la maschera di scettico e io non me la lascio strappare. Spero che ci daremo battaglia.
La incuriosisce il cinema giapponese?
Lo conosco pochissimo: sono rimasto a Rashomon, I sette samurai e Trono di sangue, quei film copiati dai nostri registi di western. Approfitterò del festival per scoprire perché c’è stata un’eclissi del cinema giapponese in Italia… ma del resto anche quello italiano è stato distribuito pochissimo.
Quali dei suoi film vorrebbe far scomparire dalla circolazione?
Toh, è morta la nonna, La mortadella, Totò cerca casa e molti altri. Faccio prima a dire quelli che vorrei salvare: Guardie e ladri posso rivederlo senza avere i brividi di ribrezzo. Poi I compagni, La grande guerra, I soliti ignoti, Speriamo che sia femmina, Temporale Rosy. Chiuderei su un finale farsesco con Parenti serpenti.
E Brancaleone?
E’ quello che preferisco… infatti l’avevo dimenticato.
Come spiega la rinascita del cinema italiano?
Il pubblico italiano si è stancato di vedere film americani tutti uguali, perché gli americani non si rinnovano se non vedono film stranieri, gli italiani del neorealismo un tempo, i giapponesi oggi. Adesso poi sono venuti fuori autori e attori che parlano di cose che interessano il pubblico. Le generazioni precedenti erano schiacciate dai vari Fellini, Visconti, De Sica: sapevano ammirare e imitare ma non rinnovarsi. Adesso qualcosa è cambiato.
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