MARIO MONICELLI


Rapito per circa un’ora dal suo compito di presidente della giuria, Mario Monicelli ha incontrato il pubblico del festival presso la “Rotonda del cinema italiano”, per inaugurare la serie di Ritratti d’autore che domani proseguirà con Tonino Guerra. Laura Delli Colli per il Sindacato dei giornalisti e Giorgio Gosetti, in rappresentanza di Italia Cinema, con le loro domande hanno stimolato il regista a un gioco della memoria tra passato e futuro. Monicelli si è prestato volentieri.

Chi era Monicelli la prima volta che partecipò alla Mostra del cinema di Venezia?
Ero poco più che un ragazzotto di 19 anni quando mi presentai qui a Venezia per la prima volta. Avevo le idee chiare già all’epoca: volevo fare cinema. Attingendo soprattutto da ciò che avevo appreso guardando i film muti degli anni ‘20. Quello è stato indubbiamente un cinema delle idee, purtroppo con l’introduzione delle tecnologie si è prodotta una corruzione. Ben inteso, la mia è solo una considerazione sul fatto che la tecnica di per sé non produce idee.

Che tipo di festival era quello degli albori?
All’inizio Venezia era l’unica manifestazione mondiale del cinema, perciò avvenivano delle selezioni più ponderate e il concorso non attirava attorno a sé grandi interessi. Oggi un regista può presentare la sua opera in tanti festival, più o meno prestigiosi. Quando vinsi il Leone d’oro ero orgoglioso e commosso. Di questi tempi, invece, chi non ospita un animale dentro casa? Un Orso, un Pardo, un Leone e così via. Insomma questa moltiplicazione dei premi e delle manifestazioni forse è solo un apparente segno di grande fermento.

Venendo ai suoi film, come li realizzava?
Nella mia carriera di regista mi sono circondato sempre delle stesse persone. Con pochi fidati collaboratori abbiano letteralmente rubato dalla realtà per produrre i nostri film. Rubavamo dai libri, dalle storie che si sentivano nei paesi, da altri film e via dicendo. Eravamo dei bravi ladri, al punto che certe volte ci convincevamo di aver creato qualcosa di originale. In ogni caso io non ho mai smentito chi mi attribuiva storie inventate da altri.

Che pensa del cinema italiano attuale?
Dopo due generazioni, stanno tornando alla ribalta una serie di autori interessantissimi che sanno coniugare l’interesse per il passato e per il presente. Sono ottimista.

Pensa ancora a un nuovo progetto, oppure ha qualcosa da recriminare?
Insieme ai miei vecchi collaboratori stiamo studiando alcune idee da mettere in pratica con l’aiuto di qualche produttore più coraggioso. E i più giovani lo sono. Non mi sento comunque isolato o messo da parte. Godo di ottima salute mangio pesce per star meglio e aspetto i soldi dei finanziatori. Bisogna anche ammettere che i miei film sono sempre costati abbastanza.

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28 Agosto 2003

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