Marina Abramovic e Bob Wilson, il coraggio dell’arte e della vita


VENEZIA “Marina Abramovic ha tracciato un sentiero di evoluzione costante. Tanti artisti, anche straordinari, non hanno il suo stesso coraggio di avventurarsi in territori sconosciuti, rischiando costantemente”. Un coraggio e un carisma che emergono con forza da Bob Wilson’s Life and Death of Marina Abramovic, il documentario firmato dall’amica di vecchia data Giada Colagrande che restituisce le emozioni dello spettacolo autobiografico della più grande artista performativa mondiale. E così sul grande schermo – e nel caso specifico al Lido tra gli Eventi Speciali delle Giornate degli Autori – arriva un concentrato di creatività di altissimo livello che mette insieme la regia di Bob Wilson (tra i più influenti registi teatrali della sua generazione), con le performance di Marina Abramovic, Willem Dafoe e Antony Hegarty per ripercorrere, “trasfigurandola”, la vita dell’artista di Belgrado. Partendo dalla fine, cioè dalla sua morte, e traslocando nella finzione gli eventi – spesso drammatici – che hanno contrassegnato la sua esistenza, tra cui la dura educazione di stampo militare ricevuta dalla madre, che come il marito era membro del Partito Comunista di Tito. “E’ stato un dialogo intenso e quotidiano, uno sfogo, quasi una terapia per Marina mettere in scena questo spettacolo e poi il mio film”, spiega la Colagrande, che fa notare come l’artista balcanica, che “predica da decenni l’odio per il teatro e la sua ‘falsità’, abbia fatto una scelta dirompente rivolgendosi proprio a Bob Wilson, re dell’artificio e della finzione”.

“Ho voluto mettere in scena la mia vita – ha detto Marina Abramovic a Cinecittà News – dicendo al regista che poteva prendere tutto e fare ciò che voleva. E’ stato un percorso fortemente emotivo che mi ha portato spessissimo a piangere. Ieri ho visto il film di Spike Lee su Michael Jackson e ho capito che anche lui ha sempre dato tutto se stesso, come me. L’energia del pubblico può anche ucciderti, perché ti travolge durante gli show e poi ti abbandona: è successo a Michael, spero non succeda a me”. I limiti del corpo, le relazioni con il pubblico, il dolore e la resistenza fisica, la trasformazione spirituale: sono questi i territori d’elezione della Abramovic, che nel 2010 è stata protagonista di una grande retrospettiva al Moma di New York, dove ha realizzato la più lunga performance mai fatta, sedendo davanti allo spettatore, in silenzio e immobile, per 737 ore. A Venezia è anche giurata del concorso: “E’ un grande onore, perché è la prima volta che chiamano un’artista tra i giurati. E’ interessantissimo valutare tutti questi talenti registici e attoriali, sentire le opinioni dei colleghi. Poi, da quando siamo rimasti tutti insieme chiusi in ascensore per 20 minuti siamo diventati una famiglia; molte cose non funzionano in Italia, questa però ha avuto dei risvolti positivi”.

Nel film della Colagrande, così come nello spettacolo di cui è lo specchio cinematografico, si impone un gigantesco Willem Dafoe, truccato in modo molto simile al Joker di Batman. “Bob Wilson ha trovato l’unico modo possibile per illuminare la storia della vita di Marina, cioè l’umorismo. Ha cercato la parte divertente in una vita piena di dolore. Marina usa la sua vita come materiale artistico da plasmare, come faccio spesso anch’io – continua Dafoe – e così la sua biografia diventa la nostra biografia”. L’attore, marito della regista e interprete al servizio dei più grandi cineasti del mondo, al Lido quest’anno è anche presente, quasi come un “fantasma”, in un altro film: I cancelli del cielo, che la Mostra ha presentato in versione restaurata. “E’ stato il mio primissimo film ed è stata un’esperienza decisamente strana, visto che poi sono stato ‘licenziato’ e non compaio nel montaggio finale. E’ stato comunque eccitante lavorare con Michael Cimino, e ricordo che su quel set era assediato da una pressione e una tensione notevolissime, era un progetto enorme”. Da quell’esperienza sono passati 30 anni e decine di film per Dafoe, che presto vestirà i panni di un ricchissimo banchiere internazionale in A Most Wanted Man di Anton Corbijn, una spy story tra immigrazione e terrorismo tratta da Le Carré.

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01 Settembre 2012

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