Un pool di magistrati apre la guerra contro Cosa Nostra, i collaboratori di giustizia infrangono l’omertà, a Palermo si celebra il maxi processo a centinaia di uomini d’onore. La mafia reagisce. Uccide Salvo Lima, esponente di spicco della corrente andreottiana in Sicilia, in odore di mafia. Uccide Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i giudici che hanno osato sfidare l’organizzazione criminale e indagare sui legami con pezzi di Stato.
Ha il ritmo di un thriller il documentario In un altro paese, a Locarno nella sezione Cineasti del Presente il 12 agosto. Lo presenta la DocLab di Marco Visalberghi che ha affidato la regia a Marco Turco (Vite in sospeso). Nasce come produzione di respiro internazionale, coprodotto con Rai Tre, France 2 e BBC, e basato sul libro Excellent Cadavers: The Mafia and the Death of the First Italian Republic (edito in Italia da Mondadori col titolo Nella terra degli infedeli) scritto, in impeccabile stile anglosassone, dall’americano Alexander Stille, figlio di Ugo, professore di giornalismo alla Columbia University, collaboratore del “New York Times” e “la Repubblica”.
Insieme alla fotografa Letizia Battaglia, Stille, anche autore della sceneggiatura con Turco e Vania Del Borgo, ripercorre le tappe e i luoghi della lotta a Cosa Nostra. La sua voce (in realtà quella di Fabrizio Gifuni) si intreccia a quelle dei magistrati antimafia Leonardo Guarnotta, Giuseppe Di Lello, Giuseppe Ayala, Ignazio De Francisci e Antonio Ingroia.
Mentre il libro si ferma al 1994, l’anno del trionfo elettorale di Silvio Berlusconi, il documentario va oltre: arriva all’ottobre 2003 quando la Corte di Cassazione assolve definitivamente Giulio Andreotti dall’accusa di associazione mafiosa ma riconosce le sue responsabilità politiche per la collusione della DC con la mafia, si spinge fino al dicembre 2004 quando Marcello Dell’Utri, fondatore e senatore di Forza Italia, viene condannato a 9 anni in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa. La conclusione è amara: “Cosa Nostra oggi è forte come sempre”.
Come avete affrontato il passaggio dal libro al documentario?
Il film ha in comune col libro una caratteristica fondamentale: non si basa su congetture, ipotesi e dietrologie ma su fatti accertati. Anche Falcone, che qualcuno accusava di tenere le prove nel cassetto, lavorava così: non procedeva se tutte le carte non erano in regola. La prima versione del documentario era di tre ore poi, d’accordo con Stille, abbiamo scelto di dare alla storia l’impronta del thriller in cui un giornalista americano scava nella vicenda di un pool di giudici in lotta contro la mafia. Questa scelta ci ha costretto a rinunciare a molto materiale: ad esempio le testimonianze delle sorelle di Falcone e Borsellino. Nel film vediamo Stille volare dagli Stati Uniti alla Sicilia, lo seguiamo negli archivi, nei tribunali e nei luoghi chiave di Palermo: dal quartiere Porta Nuova dove è cresciuto Tommaso Buscetta, alla Kalsa dove sono nati Falcone e Borsellino fino al Palazzo di Giustizia. Lo accompagna, come Virgilio con Dante, la fotografa Letizia Battaglia. La coppia, il giornalista e la fotografa, richiama quella di Un anno vissuto pericolosamente.
Le foto di Letizia Battaglia formano l’ossatura iconografica del film. Perché?
Letizia è la memoria fotografica di 30 anni di delitti mafiosi. La prima volta che ho visto i suoi scatti è stato uno shock. Sono pieni di bambini siciliani, sempre i primi ad arrivare sul luogo del delitto. Hanno una drammaticità che supera quella delle immagini dei tg perché frutto di una grande sensibilità nel cogliere il dolore.
Che ruolo hanno immagini di repertorio?
Sono parte integrante del racconto. Siamo stati 6 mesi alla moviola a scegliere quelle giuste. Alcune scene girate da noi hanno un significato metaforico: si vede Stille che attraversa il Cretto di Burri, un grande labirinto di cemento bianco, mentre scorre la voce off di Tommaso Buscetta che rivela i segreti di Cosa Nostra. E’ la metafora dello spaesamento di uno studioso americano alle prese con la mafia, un’organizzazione dalla struttura e dalla ritualità apparentemente anacronistiche. Mostriamo anche le esplosioni che hanno ucciso Falcone e Borsellino: l’esplosione di Capaci è tratta dal film Cadaveri eccellenti, ispirato al libro di Stille e diretto da Ricky Tognazzi, quella in via d’Amelio l’abbiamo appositamente ricostruita in digitale.
Nel film Stille afferma che la campagna di Berlusconi contro i cosiddetti “magistrati combattenti” complica il lavoro contro la mafia.
Non attacchiamo nessuno ma raccontiamo dei fatti. Quando parliamo di Berlusconi e Dell’Utri ci basiamo su documenti processuali. A nostro avviso vi sono leggi volute dall’attuale governo, ad esempio quelle che hanno limitato il programma di protezione dei testimoni, che di fatto ostacolano le indagini.
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