CATANZARO – E’ stato pioniere della serialità al cinema con il suo La meglio gioventù, nato vent’anni fa per la televisione, distribuito al cinema e glorificato al Festival di Cannes. Marco Tullio Giordana è uno dei pochi autori italiani in grado di firmare storie appassionanti e politicamente rilevanti come I cento passi, Romanzo di una strage e Yara, maneggiando con rara maestria materiale delicato e scottante tra inchieste, stragi, terrorismo politico e spinosi casi ancora aperti. Ospite del Magna Graecia Film Festival, in cui tiene una masterclass, il regista parla del cinema sociale e politico in Italia.
Qual è lo stato di salute del cinema italiano?
Non sono un medico, ma penso che prima di rispondere sarebbe da valutare la salute della classe dirigente che decide chi finanziare e sostenere il cinema italiano, esercitando di conseguenza una pressione fortissima su chi fa cultura.
Per questo in Italia oggi si fa poco cinema ‘socio-politico’?
La voce determinante nel finanziamento di un film è quella delle reti televisive, dei network e delle piattaforme. Purtroppo i loro dirigenti non hanno fiducia in questo tipo di cinema, eppure il grande cinema italiano ha sempre fatto dell’osservazione della realtà, anche molto critica e severa, il suo punto di forza. C’è una sorta di curiosa autocastrazione, che dipende anche dall’influenza della politica sui suddetti network, quando invece quella del cinema sociale e politico è da sempre una vena ricca di stimoli e appassionante per il grande pubblico.
Lo ha dimostrato il successo del suo ultimo film Yara, stravisto su Netflix.
Ha avuto successo non solo in Italia, cosa che non mi aspettavo: nel mondo, è stato diffuso in 120 Paesi, sottotitolato in una sessantina di lingue. Non era scontato, è tratto da un caso di cronaca ancora caldo ed è difficilissimo fare film maneggiando questo tipo di materiali. Il cinema è uno strumento persuasivo, se manipoli o menti sui fatti fai qualcosa di più di una scorrettezza.
Scorsese, Coppola e altri cineasti tuonano contro le piattaforme. Lei ci ha lavorato. Come mai?
Ce l’hanno tutti a morte con le piattaforme perché tendono a imporre stili, procedure, in qualche caso addirittura la farsa del politicamente corretto, trovo ridicolo inserire formattazioni estranee alla storia che racconti. Dalla mia esperienza credo che si possa imporre la propria personalità e rispondere alle obiezioni anche costruttive, come ho fatto io. Oppure accettare di non lavorare o di lavorare con discontinuità come ho fatto in altre occasioni, perché non accetto di cancellare la mia storia di regista italiano, preferirei starmene zitto piuttosto che rinunciare al cinema come strumento di decifrazione e di opposizione.
Vent’anni dopo La meglio gioventù che bilancio fa di un film che ha precorso i tempi?
Gli sceneggiatori Rulli e Petraglia ebbero, tra le altre, l’intuizione geniale di raccontare un fenomeno allora appena avvertibile che sarebbe stato il grande tema per la gioventù degli anni a venire: la fuga dei cervelli. Allora molti colleghi mi rimproverarono di fare tv, io dissi che poteva offrire margini interessanti, spetta sempre e solo al regista difendere la propria visione. La meglio gioventù fu poi glorificato a Cannes, la vetrina più importante del cinema mondiale, e presentato come un’opera a sé stante di durata incredibile. Così come il bellissimo film di Bellocchio, Esterno Notte, o Novecento di Bertolucci, che vidi io stesso al cinema, contento di immergermi in un viaggio così profondo.
Se la sentirebbe oggi di girare una serie tv?
Potrei farla, non sono refrattario, prima de La meglio gioventù nel 1984 feci il film Notti e nebbie che andò in onda in due serate diverse, ma non era uno sceneggiato tv, era un film di quattro ore. La nostra Storia interessa a tutto il mondo, non è necessario essere laureato in Storia Moderna per goderne, certi film sono faticosi per chi li fa perché richiedono precisione, attenzione e molto studio, ma interessano e appassionano il grande pubblico. Inoltre hanno anche un alto valore formativo: coprono lacune là dove non arrivano scuola, cultura e curiosità personale.
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