Marco Tullio Giordana


E la giuria della 57° Mostra del cinema di Venezia decretò: premio alla migliore sceneggiatura va ai Cento passi. Il regista, naturalmente soddisfatto del premio, lo ha dedicato alla madre di Peppino Impastato. “Sono certo che lei sarebbe d’accordo”, ha detto. E ora Giordana conta sulla risposta del pubblico, che per il momento non lo ha deluso. Grande successo alla prima proiezione in Italia e soprattutto a Cinisi, alla presenza della famiglia Impastato. Inoltre, il film risulta nono tra i più visti nel week end.
Un lungo e commosso applauso (raro, per i selettivi cinefili del Lido) era già stato tributato al film nella proiezione notturna del 30 agosto al Palagalileo. C’era anche Giovanni Impastato, fratello di quel Peppino voce aut contro la mafia degli anni Settanta ucciso in circostanze non ancora del tutto chiarite il giorno del ritrovamento del corpo di Aldo Moro.
Giordana si è concesso una lunga sosta in Sicilia prima di girare il film. “Non pensavo di riuscire a farlo, non essendo io siciliano. Poi ho capito che potevo, ma soltanto utilizzando un cast tutto palermitano. Questo ha comportato la scelta
di escludere qualsiasi star. Ho girato tutto nei luoghi dove sono accaduti i fatti”.
Giordana, cos’è la mafia oggi?
Se lo sapessi… La mafia si adegua alle condizioni economiche, si muove dov’è il potere, gli appalti. Ormai conosciamo i nomi dei mafiosi di vent’anni fa, non quelli di oggi. Si dice che i giri di affari riguardino la biotecnologie, le donazioni di organi, l’immigrazione clandestina. Questo richiede buoni rapporti col mondo politico, dove possa attecchire la corruzione.
E la “sua” mafia?

Io volevo soprattutto far capire che la mafia, associazione a delinquere, non è una società per azioni. È prima di tutto una famiglia, basata sul rito dello scambio del sangue. Finché regge, è un legame che non si spezza mai. Io racconto questo legame. Tano non è il male. È un uomo di potere, che ha bisogno del consenso, del suddito e anche di un giullare.
Come ha scelto l’attore per Peppino Impastato?
Quasi nessuno in Italia sa chi fosse Impastato. Mentre è una figura molto amata in Sicilia. La sua memoria è stata tenuta viva da un centro di documentazione. Ho cercato un giovane venticinquenne che avesse respirato l’atmosfera anni Settanta, letto quei libri, ascoltato quella musica. Insomma, vissuto quegli ideali. In Luigi Lo Cascio ho visto quella consapevolezza. Cercavo un volto fotogenico, ma anche uno sguardo speciale.
Il film è fedele ai fatti realmente accaduti?
Le registrazioni radiofoniche sono la trascrizione fedele delle trasmissioni di Impastato. Si tratta di un’idea della politica come teatro. La sua è stata una generazione che ha offerto al giornalismo una nuova iniezione di sangue, nuovi entusiasmi di ribellione alle omologazioni.
E oggi, che cosa è omologato?
La televisione, soprattutto. La cosa peggiore non è il fatto che induce a votare per qualcuno, ma fa innamorare di certi modelli, propone un’omologazione culturale, come diceva Pasolini. Impone le donne che piacciono a Berlusconi, raccomanda quelle macchine, illudendo l’acquirente che sono progettate solo per lui.
Il suo è un film di denuncia?
Lo considero di controtendenza, non di denuncia. Non sono militante, non voglio essere predicatorio, o noioso. Il cinema deve trasmettere delle emozioni. Io faccio un film ogni 5 o 6 anni, perché prima di raccontare una storia ne devo essere fecondato, dev’essere un tema che sento molto.
Il suo è un film che trasmette voglia di combattere, si può definire un film “di sinistra”. Ma che ne è della sinistra?
La sinistra ha sbagliato perché nel momento in cui è andata al governo si è messa a litigare. Lo anticipa un personaggio del film “Amiamo essere divisi”, dice. Ma non mi riguardano i problemi della sinistra. Sono talmente autofabbricati che se li risolvano come meglio credono. Non esiste per me una destra o una sinistra, io credo nelle persone.La sinistra ha fatto delle cose buone, ma non si vedono, non è stata capace di mostrarle. Quello che traspare è solo la litigiosità.
Dov’è finita oggi la voglia di ribellarsi?
L’esigenza di insorgere esiste ancora, ma non si incarna più in una parte politica. I ragazzi che sono andati dal papa lo hanno fatto anche per incontrare altri giovani, per fare un gesto che suoni difforme, che esuli dall’omologazione. È molto forte il desiderio di stare insieme. La gente non va al cinema anche perché si è in tanti in una sala?

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09 Settembre 2000

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