L’emozione del primo ciak è durata giusto un attimo. D’altronde Marco Ponti, qui al suo primo film da regista, non è esattamente un novellino. Uno dei suoi cortometraggi, Benvenuto a San Salvario, per esempio, tre anni fa vinse l’European Film Award ad Amsterdam. E anche nel campo della sceneggiatura non si può considerare più un principiante visto che a 33 anni fa il professore alla Scuola Holden di Baricco.
Per questo Santa Maradona, poi, atteso nelle sale per il 26 ottobre, si è assicurato un cast giovanissimo ma con grinta e professionalità da vendere. Stefano Accorsi, che dopo i trionfi dell’Ultimo bacio non ha bisogno di presentazioni, Libero De Rienzo, che nel corso di una carriera iniziata quando aveva 4 anni può vantare di essere stato scelto da Catherine Breillat per A ma soeur, Anita Caprioli, giovane talento passato da Zeffirelli a Salvatores.
Una storia giovane e Stefano Accorsi protagonista. Non sarà mica un altro film sui trentenni in crisi?
Direi proprio di no, visto che i due personaggi principali sono appena usciti dall’università e hanno 25 anni. La crisi dei trenta è ancora lontana, loro più che altro vivono una bohème di basso livello, una fase tipica della post-adolescenza, in cui le giornate passano stravaccati davanti alla televisione, sparando una stupidaggine dietro l’altra. Gli eventi precipitano quando Stefano conosce Anita e si innamora.
Nessuna ambizione di film generazionale dunque?
Per carità! Non ho la presunzione di raccontare come sono i giovani italiani. Al massimo mi sento di fotografare un pezzetto della vita di quattro ragazzi, presi nella loro vita di tutti i giorni. E poi non è un documentario, ma una storia di fantasia, in cui magari c’è finito dentro qualche episodio veramente accaduto, ma in cui tutto è rimasticato e rielaborato in modo creativo. Quello che verrà fuori veramente poi lo vedremo alla fine del film.
Come mai questo titolo ”Santa Maradona”?
E’ il titolo di una canzone dei Mano Negra, un pezzo stranissimo: cantato in spagnolo, da un gruppo francese, con ritmi punk, mischiati a cori da stadio e dedicato a mito del calcio napoletano e sudamericano. Insomma un mix assurdo che è un po’ il modo in cui io voglio raccontare questa storia, pescando tra generi diversi, con stili differenti e un percorso non lineare che coinvolge personaggi e ambienti anche molto distanti tra loro.
Il film però è ambientato a Torino, la tua città, che non sembra un posto molto disordinato…
Torino è schizofrenica, da una parte severa e nordica, dall’altra latina e solare. A differenza di Roma, che è diretta e aperta, Torino è contorta e nasconde posti surreali.
Come hai scelto i tuoi attori?
Stefano Accorsi è semplicemente l’incarnazione del mio personaggio, praticamente perfetto, anche perché è un attore che sarebbe capace di calarsi in qualsiasi ruolo. Anche Anita l’ho presa senza nemmeno farle un provino: questa parte è nata come sua. Libero De Rienzo, o meglio Picchio, ha sbaragliato tutte le persone che ho valutato, così come Mandala Tayde, che mi ha folgorato in mezzo a centinaia di altre attrici.
Nel film la musica ha un ruolo molto importante…
I titoli di coda scorreranno sull’ultimo singolo dei Subsonica, che deve ancora uscire. Il resto della colonna sonora è composto ad hoc dai Motel Connection, un trio formato da un dee-jay e dal bassista e il cantante dei Subsonica. Sono dei pezzi house molto belli, che vivranno nelle discoteche al di là del mio film.
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