Anteprima assoluta oggi al Festival de la Comédie di Montecarlo, per Per finta o per amore, commedia di Marco Mattolini, regista al secondo lungometraggio che ha alle spalle una lunga carriera televisiva e, soprattutto, teatrale (55 spettacoli tra cui Bent di Shermann e Come gocce su pietre roventi di Fassbinder, entrambi con Luca Zingaretti). Il suo film è la risposta italiana a L’apparenza inganna di Francis Veber e In & Out di Frank Oz, commedie leggere e garbate che giocano sugli equivoci legati all’omosessualità.
Racconta infatti la storia di una giovane starlette televisiva, ricca e capricciosa (l’esordiente Giulia Montanarini) che cerca un segretario gay per evitare coinvolgimenti sentimentali. Per avere il posto il 25enne Domenico (Denis Fasolo), disoccupato al verde, si finge omosessuale con l’aiuto del regista teatrale Amedeo (uno strepitoso Remo Girone) che gay lo è per davvero. Domenico supera il colloquio ma s’innamora della ragazza e qui cominciamo i guai.
Prodotto dalla Leading Entertainment, scritto da Simona Izzo, girato a Roma e dintorni in 6 settimane, Per finta o per amore non ha ancora una distribuzione. Le scenografie sono firmate da Gianni Quaranta, Oscar per Camera con vista nel 1987.
Quali sono le affinità tra il suo film e “L’apparenza inganna” e “In & Out”?
In Per finta o per amore, come in quelle pellicole, l’omosessualità non è rappresentata come un problema sociale, una patologia come avveniva fino a qualche anno fa, ma come una condizione che può anche dar vita ad equivoci e situazioni comiche ma non per questo stereotipate. D’altronde il film, che all’inizio era intitolato Il segretario, mi è stato affidato dalla Leading in quanto esperto di commedie e di spettacoli a tematiche omosessuali.
Ha convinto Remo Girone a interpretare un ruolo brillante.
Sì, il primo della sua carriera. Interpreta un gay che sfugge allo stereotipo sculettante e sciocco che del resto, ormai, è presente solo nei film dei Vanzina. E’ un uomo che non ha mai avuto figli e stabilisce un rapporto quasi paterno con il giovane Domenico.
Che cosa l’ha colpita di Giulia Montanarini?
Ho visto alcune sue foto su un giornale quando era impegnata in un varietà del Bagaglino e l’ho trovata fisicamente perfetta per il ruolo di Miranda. Lei aveva voglia di un’esperienza diversa e anche di studiare. L’ha fatto con risultati sorprendenti. All’inizio la sceneggiatura prevedeva un personaggio femminile alla Valeria Marini: un po’ superficiale, con cambi di umore repentini e sentimentalmente esuberante, poi ho preferito ammorbidire queste caratteristiche.
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