Alla fine, dopo varie insistenze, Marco Müller rivela il suo Leone del cuore. E’ Ponyo. “E’ l’unica cosa che ho chiesto alla giuria: non potete mandare a casa Miyazaki, che ha già vinto il Leone alla carriera nel 2005, con un premio importante? Ogni volta che arriva a Venezia, una brezza primaverile soffia sul festival”. In grigio e con ai piedi un paio di sandali orientali, il direttore arriva puntualissimo all’incontro di chiusura. Parla al cellulare, impegnato a spiegare a un regista insoddisfatto i sottili equilibri di scelte che lasciano sempre qualcuno a bocca asciutta. E stavolta c’è stato anche il disappunto di un presidente cinefilo come Wim Wenders che vuole mettere una pietra sopra questa esperienza. Ma la nave, come dice il presidente Paolo Baratta, “è rientrata in porto e può innalzare il gran pavese con orgoglio”. Alla fine c’è stata anche una ripresa delle presenze. “Il calo è del 9%, in una situazione generale di crisi, ci può stare, anche se non ci consola”. Tutti d’accordo, poi, sulla necessità di strutture ricettive migliori, più accoglienti e prezzi meno esorbitanti. “Il Lido può diventare la nostra Croisette”, dice Marco Müller, con un’iperbole delle sue. Ma sono in arrivo investimenti. Infine su presunte scontentezze da parte del ministro Sandro Bondi è ancora Baratta a rispondere: “Nessun commento né diretto né indiretto ci è arrivato dal ministro, né a voce alta né sussurrata”.
Wim Wenders vi ha invitato a modificare il regolamento, che impedisce di cumulare uno dei tre premi principali con la Coppa Volpi. Gli darete retta?
Non abbiamo alcuna intenzione di modificare il regolamento. Un Leone d’oro o d’argento è già un risultato talmente notevole e non ci sembra utile annullare uno strumento che consente alla giuria di non lasciare fuori qualche film che ha amato per accumulare premi sullo stesso film.
Il premio a Silvio Orlando è sufficiente a pareggiare i conti del cinema italiano, che con quattro film in concorso si aspettava di più?
Innanzitutto il premio a Silvio Orlando corrisponde a un interesse fortissimo di metà giuria per Il papà di Giovanna. E poi voglio dire che il cinema italiano esce assolutamente vincente da questo festival: non dimentichiamo il premio Orizzonti Doc a Below Sea Level di Gianfranco Rosi e il Leone del Futuro a Pranzo di Ferragosto. Tra l’altro la giuria di Kechiche ci aveva chiesto di poter dare un secondo Leone del futuro al documentario, proprio per segnalare il film di Rosi, ma non ci è sembrata una buona idea sdoppiare quel riconoscimento. E poi chissà se l’anno prossimo ci saranno tanti documentari tra le opere prime.
Ieri pomeriggio circolava voce di una carrambata tra Kim Basinger e Mickey Rourke sul palco del Palazzo…
Chiedetelo alla giuria, comunque The Burning Plain era uno dei titoli presi in considerazione, come dimostra il premio Mastroianni a Jennifer Lawrence.
Cosa risponde a chi, come Paolo Mereghetti del Corriere, lamenta la scarsa qualità di alcune proiezioni?
Correremo ai ripari: non si può lavorare undici mesi per poi avere problemi di proiezione e di sonoro.
Valeria Golino dice che la giuria ha trovato almeno metà dei film del concorso decisamente brutti.
L’ho detto molte volte e lo ripeto. La Mostra trascrive il meglio che c’è. Guardate come sono stati accolti a Toronto i film che non ho voluto a Venezia. Per noi questa era la selezione migliore possibile.
Come l’anno scorso con “La ragazza del lago”, anche quest’anno il film-caso viene dalla Settimana della Critica. Le dispiace?
Ma figuriamoci! Con la Sic e con Francesco Di Pace c’è un dialogo serratissimo, un processo osmotico. Però non avremmo offerto a Pranzo di Ferragosto il concorso, semmai Orizzonti.
Ha pensato di presentare qualche film americano che non era pronto in una versione in progress?
Non sempre presentare un work in progress è una buona idea, come dimostra Plastic City, che il regista infatti sta rimontando. Avrei voluto W di Oliver Stone, ma lui mi ha scritto una lettera di due pagine per spiegarmi perché non era pronto.
Quali film sono stati in lizza fino all’ultimo per un premio?
Due o tre giurati avevano molto amato Jerichow del tedesco Petzold, poi c’erano i tre giapponesi – Kitano, Miyazaki e Oshii. Hanno discusso del film algerino Inland, anche se forse questo vi sorprenderà. E naturalmente Birdwatchers, come ho già detto. Ma ne riparleremo quando i film saranno usciti nelle sale.
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