Marco Bellocchio: “Vincere”, un melodramma futurista


Un melodramma futurista, così Marco Bellocchio definisce Vincere, accolto bene dalla stampa anglosassone, prenotato per un’uscita francese a settembre e addirittura, secondo alcuni, in testa alle previsioni dei bookmaker. Per il regista piacentino questa è la sesta volta al festival, dove non ha mai vinto la Palma. “Qualunque cosa succeda sono molto contento del film”, dice incontrando la stampa italiana. Con lui c’è il produttore, Mario Gianani (la Offside coproduce con Rai Cinema e con molti partner tra cui il Mibac, la Provincia autonoma di Trento, e l’Istituto Luce) e ci sono i due attori. Giovanna Mezzogiorno che ha cercato di restituire le complessità di una donna non folle o invasata ma piena di contraddizioni: “Una quasi femminista che ha immolato la sua vita per un uomo, una madre che ha sacrificato suo figlio, una persona lucida ma con una cecità di fondo che la consegnò a un destino tragico”. E Filippo Timi, un Mussolini che delle sue contraddizioni invece si fa forte, “se un essere umano si contraddice, perde credibilità, non così un dittatore”. Vincere uscirà domani in Italia in 300 copie con 01 Distribution.

In un festival molto sanguinario, lei ci mostra un fascismo che usa una violenza mentale: il manicomio, la polizia politica, la cancellazione dell’oppositore.
E’ una scelta di stile quella di evitare gli aspetti più raccapriccianti, anche del manicomio, che non è mai visto come la fossa dei serpenti. Nella tradizione l’antifascismo è raccontato mettendo in primo piano i martiri: Gobetti, Gramsci, Matteotti. Qui invece c’è un’eroina pazzamente innamorata e che ha condiviso le idee di Mussolini.

Come mai ha scelto Filippo Timi?
E’ un grande attore e ha dimostrato una somiglianza eccezionale con il giovane Mussolini e una naturale autorevolezza e durezza. La sua violenza non gronda di sangue, è un uomo che si serve spietatamente delle donne- Ida, Rachele, la Sarfatti- per diventare il Duce.
All’inizio è futurista, interventista, poi diventa fascista. E quando è padrone dell’Italia torna al melodramma .

E Giovanna Mezzogiorno?
Ho sentito che Giovanna aveva conosciuto personalmente l’ossessione e che poteva dare corpo alla fissazione di Ida, al non saper calcolare le proprie forze rispetto a un’ Italia che le era tutta contro.

Il rapporto di Mussolini con la religione è stato totalmente spregiudicato, come nel film si vede molto bene.
Nel 1925 Mussolini sposa in Chiesa Rachele Guidi che aveva già sposato civilmente, per potersi presentare con le carte in regola in Vaticano. C’è un suo calcolo cinico che lo porta dall’anticlericalismo estremista a diventare l’uomo della Provvidenza.

Il futurismo è una componente forte dello stile del film, nel montaggio concitato di Francesca Calvelli, nelle musiche, nell’uso dei materiali d’archivio e della grafica. Mentre il melodramma appare un po’ attutito.
Sono due forze apparentemente contraddittorie che segnano il tempo del film. Il melodramma fa parte di una tradizione culturale italiana, trascurata e svilita per anni, in cui mi sono formato e che mi riguarda. Il futurismo, che fece l’errore di allearsi col fascismo e si trovò infine svuotato, ha prodotto grandi cose, soprattutto nelle arti figurative, Boccioni, Balla e anche Carrà.

“Vincere” è un titolo perfetto, uno slogan che racchiude la violenza e al tempo stesso il conformismo del regime.
E’ tipico dei regimi autoritari dire vincere o morire. Anche il PC chiedeva di essere disposti a dare la vita per il partito.

Il fascismo, come tutti i totalitarismi, usa il cinema come l’arma più potente.
Ecco perché Vincere è pieno di cinema, cinema muto e sonoro proiettato nelle sale e persino negli ospedali. I film d’epoca- La passione di Cristo, Stramilano fanno corpo unico col film.

Mussolini è un uomo mediatico che consolida il potere attraverso la propaganda.
E’ il primo uomo politico che si serve della propria immagine per imporsi attraverso i giornali, l’arte, il cinema, la fotografia, i cinegiornali e la radio essendone padrone assoluto. E questo fa pensare anche all’oggi, alla democrazia autoritaria di cui parla Eugenio Scalfari. Ci si chiede come mai tutta l’Italia si riconoscesse in quello che oggi, quando rivediamo i suoi discorsi ci sembra un pagliaccio. Ma era un’Italia conformista e ipocrita e Ida lottò tutta la vita contro tutti. Durante il fascismo i disturbatori venivano internati, oggi il rischio è l’assenza, se tv e giornali non parlano di qualcuno lo fanno scomparire.

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19 Maggio 2009

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