CANNES – Sul quotidiano francese Libération Marius Chapuis intitola così la sua recensione di Esterno notte: “Marco Bellocchio trasforma il piombo in oro rivisitando un trauma nazionale grazie a una serie magistrale e feroce che somiglia soprattutto a un film fiume in sei atti”.
Scrive Chapuis: “Dopo Top of the Lake, Twin Peaks e Carlos, non ha più senso meravigliarsi di fronte all’irruzione del linguaggio seriale nel tempio dei lungometraggi di Cannes. Tanto più che i 300 minuti di Esterno notte di Marco Bellocchio vanno gustati tutto d’un fiato, come si contempla un affresco senza interrompersi cioè a metà del quadro”.
“Dalla scena iniziale fino all’happy end di pura finzione, Bellocchio instaura una libertà di tono che consente di stabilire che Esterno notte non si lascerà pietrificare dalla gravità del tema affrontato. (…) La serie è continuamente pervasa da picchi grotteschi o aspri, da deliziosi momenti d’ipertensione (…). Bellocchio sovrappone alla tragedia di Aldo Moro la mediocrità degli uomini allora al potere e destinati ad occupare le massime cariche nel decennio successivo”.
Mathieu Macheret su Le Monde intitola così la sua recensione: “Un dramma shakespeariano in sei atti di Marco Bellocchio. Il regista ritorna, vent’anni dopo il suo film Buongiorno notte, sull’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse nel 1978″.
“Il grande cineasta italiano a 82 anni torna a trattare di quell’episodio storico che per l’intera sinistra italiana ha rappresentato ciò che in psicanalisi viene definito ‘l’assassinio del padre’. (…) Questo dramma shakespeariano in sei atti raffigura la classe politica come un museo di statue di cera imbalsamate dall’esercizio del potere. Bellocchio tratta questa materia con una regia superba fatta di ellissi, visioni telescopiche e accentuazioni improvvise (…). Bellocchio riesce a connettere magistralmente la tettonica politica con l’inconscio e i sogni dei personaggi che svelano le colpe collettive (…) È un’opera di una profondità e di una vastità che tolgono il fiato. Inoltre ci ricorda un fatto essenziale: ovunque si trovi, Moro non ha smesso di guardarci”.
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