“In Argentina non c’è stata pacificazione. L’amnistia che è stata concessa ha impedito che si potesse fare giustizia. Ma fortunatamente dall’amnistia il reato di sottrazione di minori non era stato previsto, ed oggi alcuni generali torturatori stanno in prigione proprio per aver commesso questo crimine”. È Marco Bechis che parla, a Venezia per presentare il suo Figli, film sul dramma dei figli dei desaparecidos rapiti e dati in adozione alle famiglie dei militari.
Quale è l’atteggiamento degli argentini rispetto a questo problema?
Ci sono due posizioni contrastanti. La “borghesia bene”, la destra, sostiene che è meglio nascondere ai ragazzi la verità, perché, in ogni caso, le nuove famiglie hanno garantito ai ragazzi felicità e tranquillità. Secondo loro è inutile rinvangare l’argomento, inutile far rivivere il dolore. E poi la gente che li ha adottati era gente perbene. Io, e con me molta altra gente, penso invece che sia importante portare alla luce queste storie. In queste famiglie i genitori sono portatori di una menzogna, e questa menzogna si ripercuote sui figli. Solo attraverso la consapevolezza si possono risolvere queste situazioni. Ovviamente tutto è molto difficile. Ci sono anche ragazzi che si rifiutano di fare la prova del DNA proprio per paura di scoprire che la loro famiglia non è la famiglia naturale.
Nel film i genitori sono direttamente responsabili del rapimento. Ma ci sono stati casi di “adottanti innocenti”?
Qualcuno, rarissimo. Delle volte erano richiesti bambini biondi, belli “ariani”. Quelli scuri di pelle venivano mandati negli orfanotrofi, e può essere successo che alcuni dei genitori che hanno adottato attraverso l’orfanotrofio, ignorassero la provenienza. Ma sono veramente casi rarissimi.
Chi si occupa della ricerca di questi ragazzi?
Il perno della ricerca sono le Nonne di Piazza di Maggio cioè le madri che sapevano che i loro figli aspettavano bambini. Usano mezzi polizieschi, hanno spinto gli scienziati a perfezionare le analisi del DNA per verificare i legami familiari, si sono appostate davanti alle case per vedere i bambini e trovare qualche rassomiglianza. La loro è una situazione drammatica e tristissima.
I sentimenti dei falsi genitori non vengono indagati …
Si. Dei personaggi “cattivi”, dei loro problemi non mi sono occupato. Credo che sia fondamentale avere uno sguardo etico, essere vicino a chi si ama. In storie di questo tipo bisogna fare attenzione. Bisogna evitare di donare più carisma ai cattivi che ai buoni. In caso contrario si corre il rischio di tollerare la cattiveria. Anche nel lavoro con la Sandrelli e con Pineyro, abbiamo continuamente cercato di “togliere” il più possibile dai loro personaggi.
Come è arrivato a Stefania Sandrelli?
In realtà avevo contattato anche altre attrici europee, ma nessuna se l’è sentita di rischiare in un ruolo di questo tipo. Chi ha capito subito il personaggio è stata Stefania Abbiamo lavorato tantissimo sul personaggio e ho fatto in modo che la sua recitazione fosse la meno naturale possibile.
Anche il contesto nel quale queste situazioni sono avvenute viene accantonato…
Il mio film non è un film su un problema vecchio. La situazione di questi ragazzi è una situazione attuale. Il contesto è importante, ma le circostanze lo sono ancora di più. In realtà Garage Olimpo e Figli sono parte di un unico progetto. Mi sarebbe piaciuto girare questo film nello stesso set nel quale avevo girato Garage. Ma non avevo ancora pronta la sceneggiatura di Figli.
Si nota un risveglio del cinema politico in Italia …
Il problema non è fare cinema di argomenti politici. Film di questo tipo anche Hollywood li realizza. Si possono fare film “politicamente corretti” ma in fondo reazionari, perché banalizzano la violenza e, con questo atteggiamento, fanno passare messaggi violenti. Godard dice che non bisogna fare film politici ma bisogna girare politicamente
È andato anche lei a Genova al G8?
Non ero a Genova ma ci sarei andato. Non ho nemmeno visto le immagini dei telegiornali perché in quel periodo ero in posti senza televisione. Quello che è successo è stato agghiacciante, anche se, ovviamente, non si possono fare paragoni con la realtà sudamericana. In Argentina abbiamo visto all’opera una macchina burocratica perfetta. Quello che è accaduto in Italia è stata – in un certo senso – la ripetizione di uno stesso meccanismo, l’umiliazione, per esempio, delle persone arrestate. Ma contesto e situazioni sono completamente diversi. Bisogna comunque fare attenzione. Non c’è nulla che ci distingue geneticamente dai kosovari o dagli argentini. Non siamo immuni da nulla.
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